Torna all'attacco l'ex segratario del Pd, Pierluigi Bersani, che chiede modifiche all'Italicum dopo che nei giorni scorsi ha criticato la presa di posizione di Maria Elena Boschi sull'Anpi. Renzi - chiede l'ex segratario del Pd a 'Radio Anch'io - si dichiari "disposto a riflettere" sulla legge elettorale in particolare a sostituire l'Italicum con il doppio turno di collegio. "Io sono intenzionato - ha detto Bersani - a votare si al referendum. La riforma non è la panacea di tutti I mali, non è questa svolta epocale ma prevalgono gli aspetti positivi". Ma Bersani ha risposto con "non sbaglia" alla domanda se sia invece tentato di votare no.
"Se le cose vanno avanti cosi - ha spiegato - tra quattro mesi ci troviamo tra le macerie del campo democratico. Renzi deve tener conto delle obiezioni non irragionevoli del no". In particolare dovrebbe "annunciare una proposta di legge per l'elezione diretta del Senato" e la "disponibilità a modificare l'italicum". "Renzi dovrebbe dire - ha proseguito - 'votate sì, e vi dico anche che rispondendo ad alcune obiezioni, sono disposto a riflettere sull'Italicum".
Alla domanda su quale parte dell'Italicum andrebbe cambiata, Bersani ha replicato: "Serve il doppio turno di collegio. Non si può scambiare un ballottaggio con il doppio turno".
Ieri anche l'ex premier Enrico Letta si è fatto sentire ha accusando il governo di aver creato "il clima da corrida e l'iper-personalizzazione che rischia di trascinare tutto lontano dai contenuti e di fare del male al Paese". La risposta di Matteo Renzi non si è fatta attendere: "Letta è stato un anno al governo e le riforme non si sono fatte, il presidente della Repubblica chiama me e le riforme si iniziano a fare anche con i voti di Ala".
Un riferimento, quest'ultimo, alle polemiche sollevate dalle minoranze interne del Pd, che a loro volta replicano a muso duro, con Pierluigi Bersani e Gianni Cuperlo. Secondo quest'ultimo è stato Renzi ad aver trasformato il referendum nel congresso del Pd "nel momento stesso in cui ha scelto di far coincidere un'eventuale sconfitta in quel voto con l'abbandono della vita politica mentre la probabile vittoria è intesa come lo spartiacque di una nuova maggioranza politica", quella appunto con Verdini.
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