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Sfida del premier alla Lega: 'Non rispondo ai partiti ma agli italiani'

Sfida del premier alla Lega: 'Non rispondo ai partiti ma agli italiani'

Salvini attendista sulla crisi alza tensione nel suo partito

ROMA, 25 luglio 2019, 08:59

di Michele Esposito

ANSACheck

Conte in Aula al Senato - RIPRODUZIONE RISERVATA

Conte in Aula al Senato - RIPRODUZIONE RISERVATA
Conte in Aula al Senato - RIPRODUZIONE RISERVATA

Finché sarà a capo del governo Giuseppe Conte sarà il premier di tutti gli italiani, basando la sua azione su trasparenza, responsabilità, correttezza. Nel giorno della tempesta perfetta per il governo giallo-verde è questo il senso del messaggio che il premier Conte manda a Matteo Salvini. E' un guanto di sfida, più che un messaggio, plasticamente rappresentato nell'intervento in Aula del capo del governo su un caso che riguarda, di fatto, il suo vice. Un intervento in cui Conte, più volte, sottolinea il suo rispetto per il Parlamento, in un Aula che ribolle e dove il Movimento, facendo infuriare l'inquilino di Palazzo Chigi, scelgono di non sedersi per protestare contro l'assenza di Salvini. Mai, come in queste ore, il restare al governo appare come una gabbia per le due forze di maggioranza. Il pressing del Nord su Salvini si è fatto costante e la rottura è ormai invocata.

Ma il ministro dell'Interno, per ora, mantiene il punto con l'obiettivo ben chiaro di capitalizzare il suo consenso da qui ai prossimi mesi per poi correre in solitaria e, eventualmente, solo dopo le elezioni fare un accordo con i suoi partner del centrodestra. Ma anche per Salvini non sarà facile andare avanti sebbene la finestra per le urne a settembre si stia per chiudere. Il governo giallo-verde è un groviglio di frecciate e sospetti, con il leader della Lega, raccontano fonti di partito, rimasto molto colpito quando Conte, in Aula, annuncia che tornerà in Parlamento in caso di una cessazione anticipata dell'incarico. "Sta giocando la sua partita. E' venuto in Aula per fare campagna elettorale...", è il sospetto che serpeggia nella Lega. Sospetti o meno Conte - che secondo alcuni fonti avrebbe visto a quattr'occhi Salvini in tarda mattinata - da qui in avanti ha intenzione di condurre il governo in maniera lineare, sempre meno "partitica" e sempre più nell'interesse del Paese. Lo ha fatto dicendo sì a Ursula von der Leyden presidente della commissione Ue e lo ha fatto annunciando la sua resa di fronte alla Tav.

Una decisione che il premier, raccontano fonti di maggioranza, prima di annunciarla su Fb ha comunicato a Beppe Grillo, ben consapevole della battaglia No Tav del Garante del M5S. Proprio i rapporti tra il Movimento e Conte, in queste ore, sono quanto mai indefinibili. Il premier non ha digerito l'assenza dei senatori in Aula in occasione della sua informativa. Ha consegnato la sua irritazione prima al capogruppo Stefano Patuanelli e poi, raccontano, alle mura di Palazzo Chigi dove sarebbero risuonate le sue urla. E, sebbene per la Lega l'assenza dei senatori non sia dovuta al caso Russia ma al caso Tav, è dovuto scendere in campo Luigi Di Maio in persone a precisare la piena fiducia nel premier e il rispetto, che tutto il Movimento, nutre per il capo del governo. Nella giornata dei ripetuti showdown anche il vicepremier M5S lascia per un attimo la prudenza di queste settimana chiedendo al suo movimento di pazientare: una crisi farebbe balzare al governo la Lega, avverte Di Maio replicando alla pletora di ortodossi che lo attaccano sulla Tav. Una fronda che, per ora, non ha la copertura di Alessandro Di Battista - sebbene si racconti di sms infuocati inviati dal "Dibba" ad alcuni parlamentari - e vede anche Beppe Grillo non affondare il colpo. Ma il travaglio c'è, cresce e solo la pausa estiva potrebbe placarlo. E nel M5S si attende con ansia la risoluzione sul No Tav, anche se non si esclude la soluzione mozione, "meno invasiva" per il governo. Chi è vicino al dossier assicura che la risoluzione sarà presentata prima della pausa. Ma il calendario della Camera è già definito e, nel M5S, c'è chi vede a settembre il momento del voto in Aula. E forse, allora, la crisi sarà davvero più vicina.

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