di Rodolfo Calò
Di fronte a un bilancio di morti che ormai supera in maniera conclamata le 8.000 vittime, sanguinosi combattimenti e fughe di civili che alimentano un esodo con oltre 30 mila profughi, il presidente siriano Bashar al Assad ha annunciato elezioni già per maggio, subito bollate come tragicomica farsa dagli Usa. Era comunque questo l'unico annuncio simile a una delle risposte che l'inviato speciale dell'Onu e la Lega araba per la Siria, Kofi Annan, aspettava da Damasco a fronte delle "proposte concrete" formulate nel suo incontro con Assad (secondo indiscrezioni riguarderebbero un cessate il fuoco, il dialogo con gli oppositori e l'aiuto umanitario alle popolazioni). All'antivigilia dell'anniversario dell'inizio della rivolta, il presidente dell'Assemblea generale dell'Onu, Nassir Abdulaziz al-Nasser, ha sancito che sono più di 8.000 le persone - tra cui molte donne e bambini - uccise in un anno in Siria.
La stima e' cauta in quanto l'Osservatorio siriano dei diritti dell'Uomo (Osdh) ha contati più 8.500 morti e l'opposizione siriana parla di diecimila vittime (non è chiaro se includendo gli oltre 2.000 poliziotti e militari morti dichiarati da Damasco). La Lega araba ha chiesto un'inchiesta internazionale sul massacro di donne e bambini denunciato ieri a Homs, e le Nazioni Unite invieranno la settimana prossima osservatori nelle zone di frontiera dei Paesi confinanti con la Siria per raccogliere testimonianze sulle "atrocità" commesse nel paese. E' in questo quadro che il presidente Assad ha indetto per il 7 maggio elezioni legislative sulla base della Costituzione approvata con il referendum del mese scorso, definito vergognoso da potenze occidentali e paesi arabi.
Visto che i deputati continuano ad essere scelti dal regime e viste soprattutto le violenze in corso, il Dipartimento di stato americano ha definito "ridicolo" tenere elezioni in questa fase. Ad appoggiare Assad sono comunque Russia e Cina nonostante la repressione stia creando anche un'emergenza umanitaria: secondo cifre Onu annunciate a Ginevra, sono più di 30 mila le persone fuggite in un anno nei paesi vicini (Libano, Giordania e soprattutto Turchia, che ha accolto più di 13 mila profughi in sette tendopoli). Inoltre 200 mila siriani sarebbero sfollati all'interno del Paese. Oltre a sparare sulle persone in fuga, secondo Human Rights Watch (Hrw) le forze siriane hanno piazzato mine anti-uomo e anti-carro lungo il confine con Libano e Turchia provocando vittime.
Mentre Amnesty denuncia torture sistematiche contro i detenuti: 31 i metodi individuati dall'a Ong che le forze governative hanno elaborato per estorcere informazioni, secondo i racconti dei sopravvissuti dell'orrore. Sul terreno il regime ha annunciato la presa della città ribelle di Idlib, nel nord-ovest, dove testimonianze soffragate in parte da un video segnalano decine di vittime vicino ad una moschea. L'annuncio della presa di Idlib è stato contestato dall'Osservatorio Osdh che segnala invece almeno 22 uomini delle forze di sicurezza siriane uccisi in due attacchi degli insorti proprio nella provincia Idlib e in quella di Daraa. Vi sono stati anche scontri a Deir al-Zor e a martellamenti di artiglieria su Homs, la terza città del paese e focolaio della rivolta: ad essere rimaste uccise sono almeno 34 persone secondo il Centro per la documentazione delle violazioni (Vdc).
La "priorità assoluta" è quella di "fermare le violenze" e di raggiungere un accordo nel Consiglio di Sicurezza dell'Onu per creare "un dialogo per una uscita politica", ha detto Maurizio Massari, l'inviato speciale per il Medio Oriente del ministro degli Esteri Giulio Terzi. E Annan, in incontri ad Ankara, ha ottenuto l'impegno di "piena collaborazione" per una "una soluzione politica e diplomatica" da parte del Consiglio nazionale siriano, la maggiore principale piattaforma dell'opposizione all'estero che però continua ad aparire divisa al suo interno. La Turchia, intanto, conta di ospitare il 2 aprile prossimo un incontro del gruppo degli 'amici della Siria', che comprende governi arabi e occidentali, il primo incontro di ministri degli Esteri del gruppo si era tenuto a Tunisi alla fine di febbraio.