A sette anni dal terremoto del 6 aprile 2009 il centro dell'Aquila può dirsi finalmente il più grande cantiere d’Europa. Il rumore dei martelli demolitori, delle escavatrici, del continuo viavai di mezzi è assordante. La ricostruzione, di cui lo scorso anno si intravedevano i primi risultati, sta ora avanzando a ritmi spediti.
Questo è quanto accade nel centro storico, dove sono tornati a nuova vita, con le loro nobili facciate, molti palazzi privati, alcune chiese, 5 chilometri di mura medievali. Nel centro siamo al 55% della ricostruzione, nelle periferie al 95%. Se la ricostruzione privata marcia veloce, quella pubblica ancora no: le scuole sono ancora nei container, i palazzi del potere non sono tornati agibili (due esempi per tutti, il Palazzo della Prefettura e Palazzo Margherita, sede del Comune dell'Aquila). "La ricostruzione pubblica è più indietro a causa delle norme per gli appalti che sono diverse rispetto a quelle della ricostruzione privata. Norme che nell'ordinario possono andare bene - afferma l'assessore alla Ricostruzione Pietro Di Stefano - ma qui all'Aquila, dove di 'ordinario' non c'è nulla, forse serviva una normativa ad hoc che, pur mantenendo i necessari controlli, semplificasse la burocrazia".
Dunque tanto è stato fatto ma ancora tanto resta da fare. Il report completo sulla ricostruzione privata (pdf) . Ma altrettanto indispensabile è la ricostruzione sociale, per la mancanza, ancor oggi, di luoghi di incontro, per la proliferazione di non-luoghi, per la dispersione degli abitanti nelle periferie senza storia e nelle new town senza servizi, che hanno sfigurato il paesaggio e che, come abbiamo rilevato lo scorso anno, cadono a pezzi e hanno gravi problemi di manutenzione.
Il terremoto del 2009 ha colpito un capoluogo di 72 mila abitanti. Il grande centro storico dell'Aquila, prima del sisma, era il cuore pulsante della città con i luoghi della cultura, la piazza del mercato, negozi e botteghe, ristoranti e locali notturni frequentati soprattutto dai tanti universitari. Una città viva, di giorno e di notte. Di tutto questo oggi non c'è ancora traccia: in centro sono tornate ad abitare ancora poche famiglie e le pochissime attività commerciali che hanno riaperto resistono tra le mille difficoltà del vivere in un megacantiere e gli scarsi guadagni.
Ma il terremoto non ha colpito solo L’Aquila città. Ci sono anche le 60 frazioni (di cui almeno 20-25 nuclei storici) dove la ricostruzione, che ha aspettato molti anni, può dirsi finalmente cominciata. Il ritardo accumulato in sette anni è pero' sotto gli occhi di tutti, testimoniato, come a San Gregorio e a Onna, dai cumuli di macerie ancora accantonati o dalle case in pietra sventrate che mostrano impietose ancora i vestiti appesi alle grucce degli armadi.
E poi non vanno dimenticati gli altri 56 Comuni del cratere colpito dal sisma, con centri storici e un patrimonio culturale diffuso: qui la situazione appare anche peggiore, con una ricostruzione dei borghi quasi al palo, anche perché il tessuto abitativo è composto prettamente da seconde case. Ed è forse è quello dei borghi il patrimonio più a rischio.