Aldo Moro: il 16 marzo 1978, il sequestro del presidente della Dc. Poco dopo le 9, un commando delle Brigate Rosse entra in azione in via Fani, a Roma: blocca le auto del presidente Dc Aldo Moro, uccide i 5 uomini di scorta (Oreste Leonardi, Domenico Ricci, Giulio Rivera, Francesco Zizzi, Raffaele Iozzino) e portano via Moro su una Fiat 132 blu. Poco dopo rivendicano l'azione con una telefonata all' Ansa. Il sequestro terminerà 55 giorni dopo, il 9 maggio, con l'uccisione dello statista.
E saranno presto all'attenzione dei pm della Procura di Roma le carte raccolte dalla Commissione bicamerale sul rapimento e l'omicidio del presidente della Democrazia Cristiana.
VOCI E TESTIMONIANZE DAI LUOGHI DEL SEQUESTRO - VIDEO
L'incartamento verrà vagliato dal pm Eugenio Albamonte, titolare delle ultime inchieste ancora aperte a piazzale Clodio sulla vicenda Moro e in particolare quella avviata dopo le dichiarazioni dell'ex capo della Nuova Camorra Organizzata, Raffaele Cutolo, che ai magistrati raccontò di un suo possibile intervento per salvare lo statista e quella che gira intorno a Steve Pieczenik, psichiatra americano ed esperto di terrorismo che durante i giorni del sequestro fece parte del comitato di crisi presso il Viminale.
Tra gli spunti che il lavoro della commissione mette a disposizione dei magistrati anche quello relativo alla presunta esistenza di un altro presunto luogo di prigionia per Moro, oltre a quello di via Montalcini, nella zona della Balduina. In particolare il lavoro della "bicamerale" ha riguardato l'area di via Licinio Calvo dove i brigatisti, dopo il blitz di via Fani, lasciarono le auto utilizzate per sterminare gli agenti di scorta e prelevare l'allora presidente della Dc.
QUEL DRAMMATICO 16 MARZO NEI LANCI DELL'AGENZIA ANSA
Mistero Vaticano su 10 miliardi di riscatto - Nel maggio 1978, pochi giorni prima del ritrovamento del cadavere di Aldo Moro, il Vaticano era pronto a pagare fino a dieci miliardi di lire per la liberazione del presidente della Dc, ostaggio delle Brigate Rosse. Le banconote - mazzette di dollari, con fascette di una banca ebraica - erano su una consolle nella residenza pontificia di Castel Gandolfo e furono mostrata da papa Paolo VI a monsignor Cesare Curioni, responsabile dei cappellani carcerari, il quale aveva attivato contatti per la liberazione di Moro. Era presente anche mons. Fabio Fabbri, segretario di don Curioni. Ma da dove provenivano tutti quei soldi? E che fine fecero? Nessuno lo sa. Don Curioni è morto nel 1996 senza che quel mistero fosse svelato, mons. Fabbri ha detto alla Commissione Moro di non saperlo, e fonti vaticane, recentemente interpellate, hanno ribadito di ignorare chi procurò quel denaro e dove finì. Non era tuttavia, denaro dello Ior, ha precisato mons.Fabbri, alimentando ancor più il mistero, ormai quasi irrisolvibile.