Un primo giro di consultazioni in attesa del Pd. E delle vere intenzioni dei partiti. Effetto tempo per il Quirinale, si dice da giorni e nulla è cambiato. Se nel primissimo dopo-voto a fare la corte ai Dem era stato Luigi Di Maio, è toccato a Matteo Salvini tentare un approccio subito respinto: spero siano "disponibili a fornire una via d'uscita al Paese", ha detto accompagnando le buone maniere alle minacce. Come quella del ritorno alle elezioni in caso non si riuscisse a fare un governo politico. Opzione, quest'ultima, che non può non terrorizzare il partito di Renzi che rischierebbe la scomparsa se si votasse già a ottobre. La resa dei conti interna, tra i renziani arroccati e un'opposizione che lavora sotto-traccia (forse troppo lentamente), si sviluppa ma non esplode. Intanto, come se non bastasse il travaglio interno, sul Pd si abbattono le pressioni della società civile affinchè getti la maschera.
Dopo l'hastag filorenziano #senzadime che reclama un orgoglioso isolamento all'opposizione, è significativo l'appello di Pif che ben interpreta il pensare della gente comune: il regista di "La mafia uccide solo d'estate" invita i Dem a non fare tante storie: "ma se avete fatto un governo con Angelino Alfano, con Denis Verdini, il patto del Nazareno con Berlusconi...", ricorda caustico. Insomma, dopo l'appello di Mattarella i leader vincitori tentano delle rapide sortite dal bunker per saggiare la forza del nemico ma è chiaro che nessuno uscirà veramente in campo aperto fino a che la posizione del Pd non sarà incisa nella pietra. E ci vorrà tempo, conoscendo le dinamiche interne dei Dem e la farraginosità delle loro regole d'ingaggio. Concetto questo ben chiaro al Quirinale dove comanda un uomo, Sergio Mattarella, che quelle regole ben conosce. E che ha messo in preventivo tempi lunghi, anche vedendo che i mercati per ora non infieriscono e lo spread tiene. "Non ho ansia nè fretta", fa sapere Salvini, dipingendo un'atmosfera rarefatta molto simile a quella che si respira al Colle.
Mentre si avvicina il primo appuntamento cruciale, l'elezione del presidente del Senato, Lega e Cinque Stelle chiamano a raccolta i neo-deputati per catechizzarli sulle insidie della politica e i pericoli della stampa. E iniziano a confrontarsi a distanza sui programmi economici. Prendendo spunto dalla data del 10 aprile (prevista per legge) per la presentazione del Documento di economia e finanza (Def) Salvini e Di Maio confermano di essere molto lontani. Il primo boccia il reddito di cittadinanza ("non saremo noi a dare soldi a chi sta a casa") e insiste sul fatto che l'Europa dovrà accettare un governo leghista che abbasserà le tasse. Di Maio, più prudente, non mostra i denti e assicura che l'M5s è pronto a cercare intese sull'economia e sull'approvazione del Def.
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