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Smutniak: 'Racconto la vergogna del muro europeo'

Smutniak: 'Racconto la vergogna del muro europeo'

Mur, prima regia dell'attrice è docu urgente sul confine polacco

ROMA, 20 ottobre 2023, 18:38

di Alessandra Magliaro

ANSACheck

Kasia Smutniak è una attrice polacca che "per scelta" vive in Italia da tantissimi anni e si considera effettivamente a metà tra i due Paesi. Dopo la prematura tragica perdita del compagno Pietro Taricone da cui ha avuto la figlia Sophie, dal 2019 è sposata con Domenico Procacci famoso produttore cinematografico con Fandango. Questo per dire che poteva restare a guardare, protetta nella sua comfort zone, ma così non è stato. "Quello che stava accadendo nel mio Paese ad un certo punto non riuscivo più ad accettarlo, a stare da parte e già dopo aver accompagnato Diego Bianchi per un reportage di Propaganda Live sui migranti che dal confine bielorusso cercano di entrare in Europa dalla Polonia, avevo sentito che stava scattando qualcosa e così ho deciso di ascoltare il mio io profondo e sono tornata a casa": lo racconta lei stessa presentando il suo coraggioso documentario Mur, presentato al Festival di Toronto, oggi alla Festa di Roma e dal 20 ottobre in sala con Luce Cinecittà e a dicembre nella stessa Polonia.
    Lo ha girato in prima persona, con attrezzatura ultraleggera di telefonini e piccole macchine cinematografiche. Un viaggio pericoloso, sfidante, con "l'urgenza di documentare quello che si stava cominciando a costruire, nel silenzio generale, compreso quello dei giornalisti, ossia un muro di confine in acciaio lungo 186 km e alto 6 metri tra l'europea Polonia e la Bielorussia. Un muro divisivo come sono tutti i muri, come quello che sta accadendo in questi giorni continua a dimostrare, un muro che ricordava quello del ghetto ebraico davanti al quale sono cresciuta".

 

Video Cinema, Kasia Smutniak esordisce alla regia con 'Mur'

 



    Smutniak, accompagnata da Marella Bombini, si avventura nella zona rossa, nei boschi dove i migranti provano a fuggire verso l'Europa, rimpallati esattamente come in Green Border di Agnieszka Holland tra Polonia e Bielorussia in situazioni di totale disumanità.
    "Sono andati a votare il 74% degli elettori una enorme percentuale, donne e giovani - ha aggiunto commentando il recente ribaltamento politico in Polonia con la coalizione centrista ed europeista destinata a governare al posto del Pis - e questo è un enorme risultato di speranza". In Mur, Smutniak ha fatto una scelta registica precisa nel suo bell'esordio: non fa vedere i migranti, "volevo che il mio punto di vista fosse lo stesso degli spettatori, e mi sembrava il modo più sincero per raccontare questa indicibile realtà", aggiunge. Ed effettivamente Mur è un documentario asciutto, che mostra la disumanizzazione di tutto, in cui si sente dire cosa fanno ai migranti, tagliare le dita, abbandonare donne dissanguate e così via, ma non si vede nulla. Smutniak si sporca le mani, corre dei rischi, si addentra nel bosco con la Bombini, vive l'impegno dei volontari attivisti, gli unici che sul posto fanno da presidio civile, conosce Silvia una attivista italiana instancabile e tanti altri.
    Da un viaggio così come si torna? "Diversi sicuramente, i miei canali emozionali si sono aperti e ho deciso di dedicare la mia energia a poter raccontare storie che secondo me sono urgenti come questa - risponde all'ANSA - mi sono sentita sottovalutata tante volte, ora si è abbassata un po' la guardia, voglio raccontare storie e prenderne parte". Mur non resterà il suo unico film, lascia intendere. 
   

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