Usa-Sud Sudan 103-86, un punteggio
che dice tanto, ma non tutto. E che soprattutto sottolinea
l'evoluzione universale del basket. Fra le stelle
multimilionarie della Nba e i ragazzi del paese che fino a pochi
anni fa nemmeno esisteva alla fine i punti di differenza sono
stati 17, mentre a Barcellona 1992, 32 anni fa, fra il Dream
Team di Michael Jordan, 'Magic' Johnson e Larry Bird e l'Angola,
allora la miglior nazionale dell'Africa, finì 116-48, ovvero
-68.
Probabilmente ha ragione Bam Adebayo quando dice, a fine
partita, che "questi ragazzi tra qualche anno sorprenderanno
tutti, e già ora nessuno deve sottovalutarli", come dire che il
resto del mondo è sempre più vicino all'Olimpo americano, e
farà bene a tenerne conto anche la Serbia, prossima avversaria
dei sud sudanesi. I quali a un certo punto sono arrivati a -11
dagli americani (77-66) e se è vero che Lebron James, a tratti,
e come Jordan allora, non si è molto preoccupato di difendere,
va detto che c'è statro un Carlik Jones capace di bruciare
Stephen Curry e andare a segnare in sottomano e uno Jt Thor che,
per replicare a una spettacolare schiacciata di Anthony Davis, è
andato a fare altrettanto in faccia ai maestri. Che qualche
numero lo hanno mostrato, come un'altra schiacciata questa volta
di Lebron, oppure lo spettacolare alley-oop di Adebayo che ha
mandato in visibilio il pubblico. Stephen Curry, invece, ha
segnarto i suoi primi punti soltanto nel quarto 'periodo' e dopo
7 errori di seguito. A risolvere i problemi, nei minuti che è
stato in campo, ha pensato come al solito Kevin Durant, 14 punti
in quasi 22' di gioco, che poi ha spiegato che "questa è la
miglior squadra in cui io abbia mai giocato, e non potete capire
che cosa significhi per me". Quando Parigi 2024 starà per finire
lui giocherà la finale all'Arena Bercy e vincerà il suo quarto
personale oro, ma oggi Nuni Omot con i suoi 24 punti e nessun
timore reverenziale ha dimostrato che il mondo 'a spicchi' sta
davvero cambiando, anche se gli Usa rimangono il pianeta
dell'iper basket.
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