E' tornato l'Ivan Juric che il calcio italiano conosceva. Abbandonate la calma e le frasi accomodanti di questo primo mese e mezzo a Roma, ha lasciato spazio alla sua natura, quella combattiva e a volte spigolosa perché giocare bene non gli basta più, ora vuole i risultati. Per questo via scuse e alibi, per tutti, a cominciare da se stesso, per poi arrivare alla squadra.
"Qui c'è tutto quello che ci serve per fare bene, ma dobbiamo cambiare una mentalità che oggi non è vincente", l'esordio in conferenza stampa alla vigilia della sfida in Europa League con la Dinamo Kiev. Una gara importante non solo per smuovere una classifica che dopo due giornate vede la Roma ad appena un punto, ma per scacciare le ombre di un futuro incerto e di una contestazione pesante nei confronti di squadra e società.
"La mia squadra deve dimostrare di che pasta è fatta perché ora i ragazzi sono nella m****a, ma possono risalire, serve però una fame allucinante per ribaltare questa situazione. I giocatori devono diventare delle bestie", prova ad alzare i toni il tecnico ex Torino. Perché se delle ultime diciassette partite giocate, la Roma ne ha vinte appena tre, una con De Rossi e due con lui, allora c'è qualcosa che non va. "Vuol dire che il nostro livello non è da Roma, ma da squadra inferiore - prosegue -. Perché facciamo tante cose buone, ma non posso accettare gol come quelli con l'Athletic o col Monza".
Per questo parla di una squadra "cattiva a metà", ma che può allenare questa mentalità vincente "attraverso il lavoro". Più facile a parole che nei fatti, soprattutto quando manca anche il solito effetto stadio che negli ultimi anni è stato il valore aggiunto della Roma. Per la prima volta in tre anni l'Olimpico scenderà sotto quota 60mila spettatori, indice di un gradimento che sta mano, mano scemando dall'esonero di De Rossi in poi. E proprio l'ex tecnico giallorosso in queste ore è stato accostato nuovamente alla panchina romanista salvo trovare la smentita della società. Mai pubblica, ma off records sì.
E quando a Juric gli viene chiesto se intorno a sé senta protezione, lui prova a fugare ogni dubbio: "A me non manca nulla, per me qui c'è la situazione perfetta. Con il direttore, Ghisolfi, parlo tutti i giorni e sento la sua fiducia. Posso attaccarmi alle scuse, ma è da deboli". Non nomina la proprietà, ma solo il diesse (figura a tempo anche lui), per poi tornare a concentrarsi sulla partita perché "serve un cambio di passo già da domani". Impossibile, però, non applicare un pò di turnover. "Non sarà massiccio - dice -, ma dovrò farlo perché è giusto così con 7 partite in 21 giorni". Spazio dunque a Baldanzi e Soulé sulla trequarti con Dybala e Pellegrini a riposo. Mancini oggi non ha finito l'allenamento per un attacco febbrile e potrebbe lasciar spazio all'esordio di Hummels, mentre in mezzo al campo prende piede l'ipotesi di Le Fée dal 1'.
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