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Da Bottecchia a Nibali, l'histoire d'amour Tour-Italia

Da Bottecchia a Nibali, l'histoire d'amour Tour-Italia

Sabato l'edizione 2024 prenderà il via da Firenze

BOLOGNA, 25 giugno 2024, 18:36

Redazione ANSA

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Vincenzo Nibali © ANSA/EPA

Vincenzo Nibali © ANSA/EPA

E i francesi ci rispettano. O questo almeno, secondo Paolo Conte, era il massimo che ci si poteva aspettare sulle strade polverose del ciclismo del dopoguerra. Il Tour de France, uno degli eventi sportivi più seguiti nel mondo, da sabato prossimo regalerà all'Italia, con la partenza da Firenze e con le tappe di Rimini, Bologna e Torino, un omaggio pieno di rispetto e pieno d'amore.  Perché alla fine, quella fra l'Italia e il Tour de France è una lunghissima histoire d'amour di cent'anni, ripercorsa e dettagliatamente ricostruita da Gianni Marchesini e Carlo Fontanelli nel libro uscito proprio in occasione della partenza del Tour 2024 'L'Italia nella storia del Tour, i magnifici 7 in giallo'.

 

Risale esattamente a cento anni fa, infatti, la prima vittoria in giallo di un italiano. Ottavio Bottecchia, 'Botescià', come lo chiamavano in Francia, il veneto che si era accorto di andare forte in bicicletta facendo l'esploratore sul fronte della prima guerra mondiale. Vinse il Tour nel 1924 e si ripeté nel 1925, prima di morire, nel 1927, in circostanze misteriose con la leggenda che si mescola alla storia.  Il secondo dopoguerra fu l'epopea di Bartali e Coppi, che di maglie gialle ne vinsero due a testa e che con la loro rivalità divisero l'Italia, ma la unirono nella passione per il ciclismo: l'immagine dello scambio della borraccia sul Galibier è probabilmente una delle foto sportive più famose di tutti i tempi. La vittoria di Bartali nel 1948 è ricordata anche per l'impresa di Briancon con cui ribaltò una classifica che si era messa male e che arrivò il giorno dopo l'attentato a Togliatti e si dice che aiutò a riportare un po' di serenità in un'Italia che ribolliva di passioni.

 

Gli anni sessanta videro i trionfi del leone del Mugello, Gastone Nencini e della sua proverbiale abilità in discesa nel 1960 e Felice Gimondi nel 1965, un fuoriclasse che avrebbe potuto vincere molto di più se sulla sua strada non avesse trovato il Cannibale Eddy Merckx.  Poi un lungo digiuno fino agli anni novanta quando un ragazzo senza capelli di Cesenatico risvegliò quell'amore mai sopito con i suoi scatti irresistibili in salita che sulle montagne fecero venire il mal di mare a Miguel Indurain. Si chiamava Marco Pantani, nel 1998 fu l'ultimo a riuscire nella doppietta Giro-Tour che quest'anno cercherà Pogacar. E che come spesso succede agli eroi non è mai invecchiato: come Ottavio Bottecchia trovato a bordo strada con la testa fracassata da non si sa chi.  E come Fausto Coppi, ucciso a quarant'anni da una forma di malaria contratta in Africa.

 

L'ultimo trionfo italiano risale al 2014, con Vincenzo Nibali, in un'edizione che partì dall'Inghilterra e vide lo Squalo dello Stretto domare le pietre di Roubaix e le salite storiche delle Alpi e dei Pirenei, quando la Grande Boucle era ormai diventata l'evento globale seguito da centinaia di milioni di spettatori in ogni angolo del pianeta. Per ognuno di questi sette eroi ci sarà un pensiero, nei giorni italiani del Tour. Ma la lunga storia d'amore fra l'Italia e il Tour de France è fatta anche di tanti altri protagonisti che sarebbe scorretto chiamare comprimari: dai velocisti straordinari che hanno fatto incetta di tappe come Raffaele Di Paco negli anni Trenta, poi le 'Beau' Mario Cipollini e Alessandro Petacchi e da chi all'Arco di Trionfo c'è arrivato maledettamente vicino come Learco Guerra, Gianni Bugno, Claudio Chiappucci o Ivan Basso. O di eroi di un giorno che grazie alla corsa più importante del mondo sono entrati nel cuore dei tifosi e nella storia dello sport. O un campione sfortunato come Fabio Casartelli che sulle strade del Tour ha trovato la morte.
   

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