Il governo giapponese ha deciso di
rilasciare nell'Oceano Pacifico l'acqua contaminata fino ad oggi
impiegata per raffreddare i reattori danneggiati dall'incidente
nucleare di Fukushima.
Lo ha comunicato il premier Yoshihide Suga, confermando le
anticipazioni della vigilia e malgrado la netta opposizione
dell'opinione pubblica, dell'industria della pesca e dei
rappresentanti dell'agricoltura locale. Suga ha incontrato i
membri dell'esecutivo, incluso il ministro dell'Industria
Hiroshi Kajiyama, per formalizzare la decisione, che arriva a 10
anni esatti dalla catastrofe del marzo 2011. La manutenzione
giornaliera della centrale di Fukushima Daiichi genera
l'equivalente di 140 tonnellate di acqua contaminata, che -
nonostante venga trattata negli impianti di bonifica, continua a
contenere il trizio, un isotopo radioattivo dell'idrogeno. Poco
più di 1.000 serbatoi si sono accumulati nella area adiacente
all'impianto, l'equivalente di 1,25 milioni di tonnellate di
liquido, e secondo il gestore della centrale, la Tokyo Electric
Power (Tepco), le cisterne raggiungeranno la massima capacità
consentita entro l'estate del 2022. Proteste contro lo
sversamento dell'acqua in mare sono state espresse in passato
anche dai paesi vicini, tra cui la Cina e la Corea del Sud. Nel
febbraio dello scorso anno, durante una visita alla centrale, il
direttore dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica
(Aiea), Rafael Grossi, aveva ammesso che il rilascio dell'acqua
nell'Oceano Pacifico sarebbe in linea con gli standard
internazionali dell'industria nucleare. Il triplice disastro di
Fukushima è stato innescato dal terremoto di magnitudo 9 e il
successivo tsunami, che ha provocato il surriscaldamento del
combustibile nucleare, seguito dalla fusione del nocciolo
all'interno dei reattori, a cui si accompagnarono le esplosioni
di idrogeno e le emissioni di radiazioni.
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