Ali Agca, l'autore
dell'attentato a papa Giovanni Paolo II nel 1981, ha scritto una
lunga lettera a Pietro Orlandi, il fratello di Emanuela,
raccontando l'ennesima sua versione dei fatti sul rapimento
della giovane cittadina vaticana il 22 giugno 1983. Secondo
quanto scrive nella lettera - di cui dà notizia il Corriere
della Sera -, Emanuela Orlandi sarebbe stata al centro di un
intrigo tutto vaticano, e il suo rapimento era collegato a
quello di Mirella Gregori. "Emanuela Orlandi - le parole di Agca
- era un fatto tutto vaticano ed é stata presa in consegna da
alcune suore fin dall'inizio, ha compreso l'importanza del suo
ruolo e lo ha accettato serenamente. So di lei soprattutto
grazie a un padre spagnolo che mi ha visitato in Italia e anche
qui a Istanbul. Un uomo, un religioso, animato da una fede
autentica, che conosce i misteri del mondo e che non mente".
Agca, che oggi vive in Turchia insieme alla moglie italiana,
ha già incontrato Pietro Orlandi nel 2010 durante una riunione
segreta. Nella lettera spiega anche quale fosse il
coinvolgimento del Vaticano nel rapimento di Emanuela. "Papa
Wojtyla credeva profondamente nel Terzo Segreto di Fatima e
credeva anche nella missione che Dio gli assegnava, ovvero la
conversione della Russia - sostiene -. (Dopo l'attentato)
Wojtyla in persona voleva che io accusassi i Servizi segreti
bulgari e quindi il Kgb sovietico. Il premio per la mia
collaborazione, che loro mi offrirono e che io pretendevo, era
la liberazione in due anni. Io potevo essere liberato tuttavia
solo a condizione che il presidente Sandro Pertini mi concedesse
la grazia ed esattamente per questa ragione Emanuela e Mirella
vennero rapite". Pertini, però, sottolinea Agca, "non era
manovrabile". Per cui - conclude - "i rapimenti di Emanuela e di
Gregori furono decisi dal Governo vaticano ed eseguiti da uomini
del Servizio segreto vaticano vicinissimi al Papa. La trattativa
pubblica era ovviamente una sceneggiata ben orchestrata da pochi
alti prelati operanti all'interno dei servizi vaticani".
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