"Per ultimo, ma non da ultimo, il
mistero del Dio incarnato, offerto a noi dal grembo di Maria" è
"un richiamo a sentire la responsabilità a far sì che nessuno
sia privato delle condizioni in cui dare corpo alla dignità
iscritta in ogni persona, con una particolare attenzione verso
chi è più ai margini, chi subisce privazioni, che soffre per il
prepotere di altri. Ma la dignità della persona va difesa anche
da tutti i tentativi di ridurla a strumento di progetti
consumistici e di potere, come pure di farne preda di volontà di
potenza, di abbandono di riferimenti etici, di dispersione in
confuse esperienze senza orientamento". Lo ha detto il cardinale
Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze, nell'omelia della messa
della notte di Natale celebrata in Duomo.
"Il peso dell'incompiutezza umana, di questa radicale povertà
che tutti ci lacera e ci frena, negli animi più avvertiti, in
chi non vuole lasciarsi vincere - ha anche detto Betori -,
diventa il punto di partenza verso una vita che giunga a
pienezza. Ed è a questo punto che ci si rende conto che la vita
non è piena fino a quando non tocca l'Assoluto. Il nostro
desiderio più profondo e più vero è di raggiungere Dio, il
cielo, anche quando non lo si chiami così. Noi vogliamo il
cielo, «trasumanar» direbbe Dante (Par. I, 70), che è tutto il
contrario di quel che vorrebbe il transumanesimo che vorrebbe
diventare il nostro futuro: non la negazione dell'umano, con il
suo limite, per un approdo tecnologico e quindi necessitante
della vita, ma il pieno compimento di questa nella libera
adesione al divino".
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