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Al Meyer tra pet therapy e scuola ospedaliera, la storia di Zoe

Al Meyer tra pet therapy e scuola ospedaliera, la storia di Zoe

Bimba ricoverata fa amicizia con cane e sua classe si mobilita

FIRENZE, 03 luglio 2024, 11:05

Redazione ANSA

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Un intreccio di amicizia, lavoro di squadra e grande umanità. È la storia di Zoe, una bambina di 8 anni e di Kia, cane della squadra di Pet Therapy in forza all'ospedale pediatrico Meyer di Firenze, dove la bambina, qualche settimana fa, è stata ricoverata con un quadro neurologico complesso. La piccola, che aveva temporaneamente subito una significativa diminuzione della capacità visiva, ha stretto un'amicizia profonda con Kia che giorno dopo giorno, fino alle dimissioni, le ha fatto visita per aiutarla nel momento di difficoltà.
    Passata la fase critica, spiega una nota, Zoe ha potuto continuare la scuola, la seconda della primaria, grazie al progetto Scuola in ospedale attivo al Meyer. E qui, per merito di un virtuoso "ponte" creato dalle maestre (quelle della scuola di provenienza, la Don Milani di Casinalbo in provincia di Modena, in tandem con la maestra Susy del Meyer), sono entrati in scena anche i suoi compagni: hanno potuto conoscere Kia attraverso le videochiamate, le foto, le descrizioni fatte dalla bambina, e la hanno resa protagonista delle loro lezioni e delle loro giornate a scuola. Temi, disegni, racconti, persino un piccolo libro digitale composto a quattro mani insieme a un'altra bimba ricoverata: l'amicizia tra Zoe e Kia è entrata in classe portando il Meyer fuori dal Meyer. Durante il mese trascorso al Meyer, Zoe, che adesso grazie alle cure e alla riabilitazione sta meglio, non ha mai smesso di essere in contatto coi i suoi compagni, ascoltando quotidianamente le letture dei loro racconti su Kia. In questo modo la bambina, arrivata al Meyer alla sua prima esperienza di ricovero, ha avuto modo di vivere in maniera positiva la lunga degenza e i suoi compagni hanno conosciuto un altro aspetto dell'ospedale: un luogo di cura che però non lascia fuori la bellezza, l'amicizia e tutto quello che serve per sentirsi un po' a casa.
    "È stata una prova davvero difficile - racconta la mamma di Zoe -, abbiamo vissuto momenti di paura e di grande incertezza, ma sin dal primo momento ci è stato chiaro di trovarci nel posto migliore per Zoe. All'indiscutibile competenza del team medico che ha seguito Zoe (senza tralasciare lo staff di infermieri a dir poco eccezionale) si unisce il fatto che siamo stati presi per mano da tante figure che ci hanno accompagnato lungo il percorso, rendendolo meno difficile, donandogli un volto diverso".
   

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