Al termine del periodo di
programmazione previsto nel 2026, l'utilizzo delle risorse del
Pnrr innalzerebbe il Pil umbro di 3,8 punti percentuali rispetto
allo scenario base (a partire cioè dal 2022). Dati in linea, se
non maggiori, con le simulazioni fatte per l'Italia dall'Ufficio
parlamentare di Bilancio (quota compresa tra 2,7 e 3,2 punti
percentuali, a seconda del modello utilizzato).
Dal punto di vista occupazionale, nello stesso quadriennio in
Umbria si attiverebbero in media 4.235 unità di lavoro ogni
anno, con stime che arrivano fino a 5 mila unità, delle quali
oltre il 60% nel settore delle costruzioni.
Sono i principali risultati che emergono dalla simulazione
degli effetti del Piano nazionale di ripresa e resilienza in
Umbria realizzata dal nuovo Rapporto dell'Agenzia Umbria
ricerche per quantificare quali saranno le ricadute immediate
delle ingenti risorse stanziate.
"Questi dati fanno capire l'effetto moltiplicatore che può
avere il Pnrr per l'Umbria nel periodo 2023-2026" hanno
affermato i ricercatori durante la presentazione. Risultati che
tengono conto - è stato poi spiegato - dell'ipotesi che si
riesca a spendere tutto lo stanziato entro il 2026.
L'importo complessivo per l'Umbria ad oggi è quantificabile in
circa 1,7 miliardi di euro: il 20% nel 2023, 30% negli anni 2024
e 2025 e l'ultimo 20% nel 2026. Gran parte delle risorse -
ricorda la ricerca - verrà impiegata nel settore delle
costruzioni, che da solo assorbe il 68% del totale. Quote
residuali afferiscono ai prodotti manifatturieri e ai servizi.
L'Aur ha operato anche una simulazione dell'impatto che
deriverebbe dalla spesa, in Umbria, prevista nel 2023: ogni 100
euro investiti nella regione generano mediamente 92,3 euro di
Pil, di cui 57,4 euro (il 62,3 per cento del totale) prodotti in
Umbria (il resto va a beneficio delle altre regioni
italiane) e 49,4 euro di valore aggiunto che resta in regione.
Generano inoltre 36 euro di beni importati dal resto d'Italia e
16,6 euro dall'estero.
Al di là dei numeri, più che le conseguenze economiche
immediate prodotte da una serie di investimenti, con la ricerca
presentata - è stato infine evidenziato - si vuole ricordare che
l'impatto più importante generato dalle risorse del Pnrr per
realizzare le opere previste è rappresentato dall'insieme di
ricadute nel medio-lungo periodo a favore del sistema economico
e sociale, che il modello presentato non riesce a catturare.
Il rapporto mette in evidenza anche le criticità. "A rendere
incerto il quadro di attuazione degli interventi - è stato detto
-, oltre allo slittamento dei tempi di attuazione dei progetti
previsti, che accomuna l'Umbria all'Italia, intervengono alcuni
rischi sopraggiunti a seguito del deterioramento della
congiuntura. La scarsa convenienza economica di alcuni bandi,
determinata dai rincari delle materie prime, energia in primis,
rischierebbe di lasciare alcuni progetti irrealizzabili (è già
successo che alcune gare d'appalto siano andate deserte per
questo motivo). A ciò si aggiunge la carenza di alcuni materiali
che può realmente ostacolare la realizzazione di talune opere
nei tempi previsti. Lo stanziamento del Governo di 9 miliardi di
euro per contrastare gli extracosti e le ulteriori risorse
previste per il 2023 per far fronte al rincaro dei prezzi
rendono il quadro molto più complicato dal punto di vista del
rispetto della tempistica, la quale di fatto sarà un parametro
altamente variabile, tenendo conto delle elevate differenze di
performance tra le pubbliche amministrazioni incaricate della
realizzazione dei progetti".
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