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Pio XII e la Shoah, un podcast con la voce di Pacelli

Pio XII e la Shoah, un podcast con la voce di Pacelli

Quattro episodi su Radio Vaticana - Vatican News

CITTÀ DEL VATICANO, 21 giugno 2024, 12:55

Redazione ANSA

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Il 4 giugno del 1944, Roma è finalmente libera. I soldati statunitensi sfilano per le strade cittadine in mezzo alla folla che esulta per la liberazione dall'occupazione nazifascista. Il giorno seguente, il 5 giugno, Papa Pio XII parla al popolo romano esprimendo gratitudine ma invitando a frenare istinti di rancore e di vendetta. Ma cosa ha detto e fatto Papa Pacelli nei mesi precedenti? Perché pur essendo ricordato come "defensor urbis", il difensore della città, dopo la morte sarà perseguitato dalla "leggenda nera" di Pontefice indifferente e inerme di fronte alla persecuzione degli ebrei? Ottant'anni dopo, un podcast in quattro episodi di Radio Vaticana - Vatican News, "Pio XII e la Shoah", prova a rispondere a questi interrogativi attraverso la viva voce di Pio XII, estratta dall'archivio editoriale multimediale della Radio Vaticana, e le ricerche sui nuovi documenti di quel pontificato, accessibili agli studiosi solo dal 2020.
    "Niuno potrebbe rimproverare la Chiesa di non avere denunziato e additato a tempo il vero carattere del movimento nazionalsocialista e il pericolo a cui esso esponeva la civiltà cristiana": sono queste parole di Pio XII, pronunciate a guerra finita, il 2 giugno 1945, a dare il via nel primo episodio al dialogo tra il professor Napolitano, storico e docente all'Università degli Studi del Molise, autore del volume "Il secolo di Pio XII" (Luni editrice), e Andrea Tornielli, direttore editoriale dei media vaticani e autore di diversi saggi dedicati proprio a Papa Pacelli.
    Napolitano ricorda che la posizione di condanna di Pio XII rispetto ad Hitler era chiara e cita l'invio, sempre nel '45, di tre messaggi papali ai sovrani di Belgio, Olanda e Lussemburgo, paesi neutrali che erano stati invasi e poi liberati. "Il ministro britannico Osborne - sottolinea lo storico - affermò che quei telegrammi di solidarietà erano da lui considerati all'epoca 'una solenne condanna dell'aggressione nazista' e infatti provocarono un'aspra reazione negli ambienti tedeschi".
    Tornielli mette invece in luce la stima di Pacelli per il popolo tedesco, frutto del servizio svolto come nunzio, prima della guerra, sia a Monaco di Baviera che a Berlino, e di conseguenza la sua preoccupazione per l'evolversi del "germe malefico del nazismo".
   

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