Il reddito medio in Veneto è
aumentato del 4,43% tra il 2022 e il 2023, ma l'inflazione e la
tassazione ne hanno annullato i benefici e i veneti si trovano
paradossalmente più poveri. È il dato che emerge da uno studio
della Uil Veneto commissionato al Centro Studi Sociali ed
Economici su dati del Caf Uil Veneto.
"L'analisi - spiega il segretario generale Roberto Toigo - è
svolta su chi ha fatto la dichiarazione dei redditi, circa
60mila persone, agli sportelli del Caf Uil Veneto. Il reddito
medio è di 24.285 euro nel 2023, in aumento rispetto ai 23.262
del 2022. L'aumento è di circa il 4,5%, ma è completamente
annullato dall'inflazione che, secondo l'Istat, nello stesso
anno si è attestata al 5,7%. E va ricordato che nel 2022 si era
raggiunto il picco dell'8,1%".
C'è poi un altro valutato: fino al 2023 c'erano due scaglioni
Irpef, 23% sui redditi fino a 15.000 euro, 25% sui redditi
compresi tra 15.000 e 28.000 euro. Entrambi i redditi medi
appartengono a questi scaglioni. Ad un piccolo aumento del
reddito sarebbe dovuto corrispondere un analogo e proporzionato
aumento dell'Irpef pagata. Invece la tassazione Irpef è salita
del 10,41%, passando in media da oltre 3.400 euro a quasi 3.800
euro a contribuente. In una fase di calo dei tassi di interesse
(che nello scorso biennio hanno messo in difficoltà chi aveva
mutui e prestiti) e di una certa stabilità della bolletta
energetica (che è comunque ancora altissima), e con una
addizionale Irpef che la Regione Veneto mantiene da anni fissa
al minimo previsto per legge, l'1,23%, c'è solo una spiegazione
a questa crescita della tassazione: si tratta inevitabilmente di
addizionali comunali.
"La non applicazione di una Irpef regionale - rileva Toigo -
non vuol dire esattamente che non aumentano le tasse per i
veneti. I Comuni, che soffrono un costante calo di risorse e
trasferimenti, sono costretti ad applicare una tassazione
locale, senza la quale diventa impossibile garantire i servizi".
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