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L'aura di monsieur Dior nella sfilata al Musee Rodin

L'aura di monsieur Dior nella sfilata al Musee Rodin

Chiuri parte dall'abito Le Cigale del 1952, sui muri opere di Ducrot

ROMA, 23 gennaio 2024, 13:26

di Patrizia Vacalebri

ANSACheck

- RIPRODUZIONE RISERVATA

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Stavolta, con la nuova collezione di Haute Couture per la Primavera/Estate 2024, che ha sfilato a Parigi nel Musee Rodin, Maria Grazia Chiuri, direttrice creativa di Dior, ha voluto dare, senza falsa modestia, una lezione di vera alta sartoria. Il punto di partenza è l'abito "La Cigale", che monsieur Christian Dior aveva realizzato nel 1952. Ma tutta la nuova collezione guarda al lavoro del fondatore della maison.
    Alle fogge iconiche rilette nei tessuti che alleggeriscono le forme, rendendo i capi portabili e contemporanei. Dal punto di vista artistico Chiuri parte invece dal concetto di "aura".
    Isabella Ducrot, 94 anni, è l'artista che ha curato l'installazione della location della sfilata. Un lavoro che ha intitolato Big Aura, in cui, a partire dalla sua collezione di tessuti ottomani, analizza la sproporzione fra il capo e la persona. Ducrot pensa di trasferire la sua aura anche in un abito. Le pareti della sala lungo la quale si svolge la sfilata sono tappezzate con 23 abiti smisurati, alti circa cinque metri, applicati su una griglia disegnata da righe nere irregolari che rimandano alla trama e all'ordito. Sono memoria degli abiti dei sultani ottomani visti da Ducrot a Istanbul. Big Aura è per Maria Grazia Chiuri quell'aura che effonde ogni singolo manufatto dell'haute couture. Perché la couture rimane il territorio di rapimento contemplativo in cui la riproduzione dell'originale non è mai uguale, obbligata com'è ad adeguarsi in ogni sua riproduzione ai corpi di chi potrà possederla. L'aura nella precisazione di Walter Benjamin, a cui fanno riferimento in maniera diversa Chiuri e Ducrot, riflette l'unicità dell'opera d'arte e la colloca nella memoria collettiva.
    Chiuri decide quindi di riattivare il concetto di aura attraverso l'haute couture che è il mito Dior. L'abito La Cigale nella costruzione scultorea e nel tessuto moiré, che nella sua consistenza rimanda al sacro - a diventare punto di partenza di una teoria di modelli che ricontestualizzano la couture nella sacralità dell'atelier. Il moiré è usato in un'eclatante palette di colori che ne esalta la cangiante matericità: oro, bianco, grigio, vinaccia, verde. Gli abiti che ripercorrono le linee geometriche de La Cigale impongono una posa: coat dai colli importanti, ma anche gonne ampie che si permettono faldoni esagerati, sovrapposizioni, pantaloni, giacche. La modellistica prende elementi di abiti Dior d'archivio per ricostruire silhouette contemporanee che moltiplicano l'esprit degli originali. Succede anche con materiali come il cotone e seta nel colore del trench, che paiono modellati dall'aria per il rapporto che intrattengono tra il corpo e l'intorno. Alcuni abiti fatti di velluto nero esaltano l'allure di chi li indossa, muovendosi fluidi nell'incedere. Mentre una sontuosa cappa di piume si appoggia su un abito organza double ricamato. I ricami sono come frammenti consumati di poesie ritrovate in cui l'immaginazione si perde. Ogni tanto esplodono nella varietà colorata della natura, nel Millefiori che occupa tutto lo spazio di un abito moiré giallo. Oppure sono ciocche dai lunghi fili che ondeggiano nel ritmo dei passi. 
   

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