E' una cinquina, quella della migliore attrice protagonista, che arriva alla serata degli Oscar 2023 del 12 marzo, dopo aver navigato tra una serie di polemiche. Da quelle sull'assenza di candidate black nonostante prove di grande livello come quella di Viola Davis in The Woman King, alla intensiva e riuscita campagna social sostenuta, fra gli altri, da Jane Fonda a Gwyneth Paltrow, per portare fra le nominate la poliedrica Andrea Riseborough, entrata a sorpresa in shortlist, con un film indie circolato poco, To Leslie di Michael Morris. Grande favorita resta Cate Blanchett, qui all'ottava nomination, che dopo le vittorie nel 2005 per The Aviator e nel 2014 per Blue Jasmine, potrebbe conquistare il suo terzo Oscar con la sua vulcanica performance in Tar di Todd Field, dov'è una direttrice d'orchestra star che finisce al centro di uno scandalo sessuale. L'avversaria più forte è una regina del cinema, debuttante agli Academy Awards, Michelle Yeoh, che nel film caso della stagione, Everything Everywhere All At Once dei Daniels (Daniel Kwan e Daniel Scheinert) si moltiplica, via multiverso, in decine di versioni. Torna in gara Michelle Williams, che conquista la sua quinta nomination dando volto in The Fabelmans di Steven Spielberg a Mitzi, ispirata dalla mamma del regista. Un ruolo che anche Michelle Williams ha interpretato, Marilyn Monroe, porta a Ana de Armas la sua prima candidatura per Blonde controverso ritratto della diva diretto da Andrew Dominik.
E' un impressionante percorso con oltre 35 premi, fra i quali la Coppa Volpi a Venezia, il Bafta il Critics Choice Awards e la rara tripletta di vittorie con la principali associazioni critici cinematografici, quelle di New York, Los Angeles e la National Society of Film Critics, a mettere in pole position Cate Blanchett per Tar di Todd Field. La sua Lydia Tar, direttrice d'orchestra star, egocentrica, affascinante ma facile agli abusi, riflette un film “che non offre soluzioni facili – ha spiegato l'attrice a The Guardian -. Nessuno è del tutto buono o del tutto innocente. C'è un esame molto sfumato della natura corruttrice del potere, ma è anche un film molto umano perché pone al centro una persona in profonda crisi esistenziale”.
La prima nomination agli Oscar di Michelle Yeoh, arriva con un primato: è infatti la prima interprete asiatica ad entrare in cinquina fra le attrici protagoniste. “Fluttui tra il sentirti molto scioccata e sopraffatta dalla gioia" ha spiegato l'attrice a Stephen Colbert parlando della nomination.Classe 1962, malese di origini cinesi, Michelle Yeoh è diventata una star dei film d'azione e d'arti marziali asiatici e poi una stella per un pubblico globale con film come La tigre e il dragone di Ang Lee o serie come Star Trek Discovery. La coinvolgente follia di Everything Everywhere All At Once le permette di moltiplicarsi tra vari universi, da proprietaria di una lavanderia a chef, da stella del cinema a maestra di Kung fu. “E' come se i miei 40 anni di esperienza fossero stati delle lunghe prove per questo film” ha detto a Vanity Fair.
E' un debutto agli Oscar anche quello di Andrea Riseborough. Classe 1981, inglese, formatasi alla Royal Academy of Dramatic Arts, si è costruita un percorso di ruoli tanto vario quanto intenso e sorprendente, lavorando fra gli altri con Mike Leigh (Happy Go Lucky), Madonna (W.E. - Edward e Wallis) Armando Iannucci (Morto Stalin, se ne fa un altro), Alejandro G. Inarritu (Birdman) Stefano Sollima (per la serie ZeroZeroZero) . Nel film che la porta agli Oscar, il low budget indie To Leslie dell'esordiente Michael Morris è una donna alcolizzata, che dopo aver sperperato una vincita alla lotteria si ritrova a vivere per strada, ma riesce a rialzarsi, chiedendo aiuto. Le polemiche sulla sua nomination “hanno portato una conversazione necessaria – ha detto l'attrice a Hollywood Reporter -. L'industria cinematografica è ingiusta in modo abominevole in termini di opportunità”.
Mitzi, una donna vitale, istintiva e positiva, talentuosa pianista, che ha messo da parte i sogni di diventare concertista per crescere i suoi figli. E' il personaggio, interpretato da Michelle Williams, ispirato a Leah, la madre di Steven Spielberg, in The Fabelmans, il film più autobiografico del regista. Una performance che riporta l'attrice a gareggiare per la quinta volta agli Oscar dopo le nomination per Brokeback Mountain, Blue Valentine, Marilyn e Manchester by the sea. Diventata una star a 16 anni grazie alla serie Dawson Creek ha sempre preferito le sfide ai ruoli 'comodi': “E' stato bello essere Mitzi – ha detto al New York Times -. Era una donna con la musica dentro di se', con una vibrazione emotiva che attraversava il suo corpo in ogni momento”.
Non solo un film su Marilyn Monroe "ma qualcosa di speciale. Sentivo il peso della responsabilità di interpretarla ma anche di rendere giustizia a questa donna”. E' quello che ha motivato Ana De Armas, classe 1988, cubana naturalizzata spagnola, già da anni di casa ad Hollywood, da Blade Runner 2049 a un'apparizione con Daniel Craig 007 in No time to day, passando per A cena con delitto, nel trasformarsi nell'icona del cinema in Blonde di Andrew Dominik, dall'omonimo romanzo di Joyce Carol Oates Una prova che ha convinto i votanti dell'Academy nonostante il film abbia diviso i critici, anche per la crudezza con cui sono stati messi in scena gli abusi subiti dalla diva. “Ana merita l'Oscar – ha detto Pedro Almodovar che vorrebbe vederla vincere -. Quello che ha fatto come Marilyn è impressionante”.
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