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ANSAcom - In collaborazione con Deloitte
Ci sono donne che non sapevano di essere affette da cancro perché non avevano avuto la possibilità di fare una visita medica e altre che, pur avendo avuto una diagnosi, non hanno potuto continuare le cure perché costrette a lasciare il loro Paese. Migranti che arrivano attraverso i corridoi umanitari che, nonostante siano giovani, dopo anni passati nei campi profughi in Grecia o in Libia, hanno i denti completamente rovinati. E poi tanti italiani con con condizioni di fragilità economica e sociale che non riescono ad avere accesso alle cure, soprattutto, odontoiatriche. Giusi Lecce, medico referente della Comunità di Sant’Egidio per il Progetto San Bartolomeo ricostruisce il profilo delle persone che hanno ricevuto assistenza nella fase pilota del progetto.
“Ci sono molti casi che restano impressi: penso per esempio a quelle donne migranti che, venute in Italia per sostenere la famiglia nel Paese di origine, scoprono di avere una malattia che necessita di cure e di non poter lavorare”, racconta Lecce.
Tra i casi seguiti anche molte donne straniere in gravidanza: “che possono finalmente portare avanti una gravidanza in maniera serena e tranquilla con cure e attenzioni”, aggiunge il medico, che sottolinea l’importanza del ruolo dei mediatori culturali e dell’integrazione socio-sanitaria: "è un concetto poco percorso dalla sanità pubblica; invece è il punto nodale della presa in carico delle persone con fragilità e situazioni di vulnerabilità”, conclude.
Decisivo il tema dell’accesso, che non vale soltanto per gli stranieri: “Da qualche anno monitoriamo la percezione del nostro sistema sanitario con il nostro osservatorio Outlook salute”, dice il presidente della Fondazione Deloitte Guido Borsani. “Emergono aspetti di apprezzamento, ma anche tante ombre. Uno dei grandi temi è la difficoltà di accesso alle cure: nelle ultime due edizioni abbiamo visto che un terzo dei cittadini ha rinunciato a delle cure per diverse ragioni”. A farla da padrone le ragioni economiche: “Nel 2021 ha rinunciato per motivi economici il 50%; nel 2022 il 60%”, continua Borsani. “Il progetto che presentiamo oggi è dunque una risposta concreta a uno dei tanti bisogni emergenti e si inserisce nel più grande quadro dell’equità”.
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