Erano, quelli del G8 di Genova, giorni straordinari e difficili dove sarebbe stato possibile riscrivere la storia partendo dal basso, dagli ultimi, dai poveri. Poi quel che successe - la violenza e le torture alla Diaz e nella caserma di Bolzaneto, l'insolenza dei ricchi verso gli 'altri' - impedì una rivoluzione che si era tinta le mani di bianco. E vent'anni dopo c'è la volontà di ricordare quel che è successo, privi ancora di tutta quella verità che va oltre le immagini di ragazzi martoriati dalle manganellate, dai calci dei poliziotti della Diaz, dalle vessazioni, dalle privazioni della libertà e della dignità della casrma di Bolzaneto, che va oltre l'immagine di Carlo Giuliani steso a terra in un mare di sangue. G8, vent'anni dopo, Genova inizia a ricordare con un convegno che ancora si ostina a dire come 'un altro mondo è possibile'. Ma a dire la prima verità è padre Alex Zanotelli: "vorrei davvero che fosse fatta finalmente giustizia su Genova. Non è mai stata fatta, ancora". Nella immensa sala del Ducale dove vent'anni fa i grandi del mondo (i presidenti Bush, Putin, Chirac, i primi ministri Schroeder, Chrétien, Koizumi, Blair, Berlusconi e, per la Commissione Ue, Prodi e Verhofstadt) sorridevano mentre fuori scoppiava l'inferno, oggi siedono 200 ragazzi e cinque relatori: tra loro don Luigi Ciotti e padre Zanotelli che è in videoconferenza, e Vittorio Agnoletto, l'ex portavoce del Social Forum. E fuori c'è ancora Genova con la sua ferita. "Credo che qualsiasi persona in buona fede possa riconoscere che noi, allora, avevamo ragione - ha detto Agnoletto -. Siamo tornati a Genova per dire "voi, il 12% che possedete l'85% della ricchezza del mondo siete la malattia. Noi, 7 mld 800 mln di persone siamo la cura: la cura del pianeta, delle specie, di ogni singolo uomo e donna. Allora lanciavamo un allarme: dicevamo 'attenzione perché il mondo sta correndo verso il disastro'. abbiamo avuto tsunami e alluvioni e migliaia di morti. Allora dicevamo: un altro mondo è necessario. Oggi siamo obbligati a dire un altro mondo è urgentemente necessario".
"Quel movimento di allora - ha detto don Luigi Ciotti - ha bisogno di esserci ancora oggi. E' necessario. Non possiamo tacere, non possiamo stare inerti. Dobbiamo far sentire la nostra voce, costi quel che costi. Senza generalizzazione, sempre in una dimensione di non violenza ma di grande progetto e proposta".