Liliana Resinovich, la donna
scomparsa da Trieste il 14 dicembre scorso e il cui cadavere è
stato trovato in un boschetto del parco dell'ex ospedale
psichiatrico di San Giovanni, non ha assunto "sostanze
xenobiotiche, droghe e farmaci, che possano aver cagionato il
decesso". Lo stabilisce l'esame tossicologico approfondito
disposto dalla Procura di Trieste i cui esiti sono stati
depositati ieri.
"Le determinazioni tossicologiche sulle diverse matrici
biologiche consegnate al laboratorio non dimostrano" neppure
"concentrazioni che possano aver concorso a uno stato
psicofisico alterato incosciente".
Pertanto - si legge in una nota firmata dal procuratore
capo Antonio De Nicolo - il quadro investigativo non è mutato.
Proseguono comunque le ulteriori attività d'indagine affidate
alla Squadra Mobile della Questura di Trieste e alle competenti
articolazioni scientifiche della Polizia.
Nel dettaglio, durante l'esame tossicologico, per ricercare
un'eventuale presenza di droghe, sono state svolte, tra le
altre, analisi immunochimiche su sangue e urine il cui esito è
stato negativo". Inoltre, "per aumentare la capacità d'indagine
si è proceduto con analisi più sofisticate e a più ampio raggio
di ricerca" per centinaia di sostanze. E' quindi stata
riscontrata la presenza di sostanze, che Liliana Resinovich
"aveva assunto durante un pasto, presumibilmente la colazione
(caffeina, teobromina, uvette)", e "verosimilmente di qualche
multivitaminico, e un'aspirina e una tachipirina, di cui tracce
sono state ritrovate solo nelle urine". Negativo anche l'esito
della ricerca di particolari sostanze sintetiche (nuove sostanze
psicoattive).
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