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"Sono sempre stato molto fortunato nella vita. Ho avuto genitori che mi amavano, moglie e figli e, a quasi 88 anni, non sono mai stato un giorno in ospedale. Anche come regista poi mi è andata bene e spero che per me questa fortuna continui". Così oggi al Lido Woody Allen, sempre più minuto e in camicia celeste, commenta il suo Coup de Chance, film fuori concorso in questa edizione del Festival di Venezia e che racconta, un po' come aveva già fatto in Match point, l'importanza del caso nella vita. Sulla sua fascinazione per la morte che condivide con Ingmar Bergman dice solo: "Non c'è nulla che si possa fare contro di lei, è davvero una brutta cosa che esiste. Possiamo solo non pensarci, distrarci".
In questo suo cinquantesimo film, un romantic-thriller girato in francese che sarà distribuito da Lucky Red, ci troviamo a Parigi dove la bella Fanny (Lou de Laâge) è felicemente sposata con Jean (Melvil Poupaud), un ricco imprenditore dal misterioso lavoro. Quando però la donna, che lavora in una galleria d'arte, incontra 'casualmente' un vecchio compagno di scuola Alain (Niels Schneider) che la riporta a quegli anni in cui lei era più autentica e meno borghese, inizia con lui una storia d'amore burrascosa e dagli sviluppi imprevedibili. A chi ricorda al regista di Provaci ancora Sam che omicidio, adulterio e trionfo del caso sono anche i temi di un classico come Le regole del gioco di Renoir, Allen replica: "Non ci avevo pensato, ma in realtà tutti questi temi fanno parte della drammaturgia classica dai greci, i miei film hanno spesso toccato questi temi è inevitabile".
Quando tornerà a girare nella sua New York? "Ho già una bellissima idea da girare nella mia città. Se qualche folle si fa avanti e dice che vuole finanziarla, io sono pronto". Perché girare un film in francese? "Tutti noi siamo cresciuti con i film europei e abbiamo sempre sognato di fare un film europeo classico. Avevo voglia di sentirmi un regista francese, tedesco, italiano, insomma un regista europeo". È vero che è più bravo a scrivere i ruoli femminili? "A trenta anni quando scrivevo i ruoli per me ero bravo anche per i ruoli maschili, ma mi sono riusciti sempre meglio quelli femminili". In conferenza stampa piccola polemica con Vittorio Storaro che ha curato la fotografia di Coup de Change quando la moderatrice lo introduce chiamandolo direttore della fotografia: "Questo è un vecchio modo di chiamarci ed è una mancanza di rispetto per il regista, che è l'unico direttore di un film e della fotografia cinematografica. In realtà sono un autore cinematografico, un film è come un'orchestra dove tutti sono in qualche modo coautori".
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