L'industria italiana del riciclo "si
conferma un'eccellenza del nostro Paese e una risorsa strategica
per l'economia circolare e la decarbonizzazione dell'economia
nazionale ed europea, un prezioso strumento per ridurre la
nostra dipendenza energetica" ma "dal 2020 l'uso circolare di
materia in Italia sta vivendo una fase di contrazione". E'
quanto emerge dal Rapporto annuale "L'Italia che Ricicla 2024",
promosso dalla sezione Unicircular di Assoambiente,
l'associazione delle imprese di igiene urbana, riciclo,
recupero, economia circolare e smaltimento di rifiuti, nonché
bonifiche.
Per rafforzare il ruolo strategico del riciclo, secondo
Assoambiente, "è necessario seguire un'Agenda di riforme che
veda impegnate istituzioni nazionali ed europee e operatori del
settore" e l'associazione suggerisce 'cinque mosse'.
Nel rapporto si evidenzia che il valore aggiunto del settore
dell'economia circolare (ossia il reddito lordo dalle attività
operative) si attesta al 2,5% del Pil, un dato più alto della
media europea. Sul fronte dell'occupazione nel comparto
dell'economia circolare, in Italia lavorano circa 613mila
persone a tempo indeterminato, circa il 2,4% degli occupati a
tempo indeterminato.
Dal 2020 però, c'è stato un aumento dei consumi, cui ha fatto
da contraltare una riduzione dell'utilizzo nei processi
produttivi di materie prime ottenute dal riciclo. Secondo
Assoambiente "sono necessari nuovi investimenti: secondo gli
ultimi dati, la quota di Pil investita in economia circolare in
Italia è pari allo 0,7%, inferiore sia alla media europea
(0,8%), che a quella delle principali economie come Germania
(0,9%) e Francia (0,8%)".
Nel 2023 l'Italia è risultata importatrice netta di materie
prime seconde per circa 8 milioni di tonnellate, un potenziale
che potrebbe essere sfruttato dall'industria del riciclo.
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