Nella battaglia a distanza con Bruxelles, ora l'Ungheria evoca anche la possibilità di riconsiderare la sua adesione all'Unione europea. Una Unghexit, ma tra qualche anno, intorno al 2030, quando per Budapest non sarà più conveniente restare nell'Ue, perché da Stato beneficiario dei ricchi aiuti a fondo perduto si stima possa diventare un contributore netto. Vale a dire uno di quei Paesi che come Italia, Francia, o Germania, mettono mano al portafogli, per versare al budget comunitario più di quanto ricevono. Ma più che una minaccia di abbandono, questa nuova uscita magiara ha il gusto della provocazione, considerato che il prossimo aprile Viktor Orban ed il suo partito, Fidesz, dovranno affrontare elezioni politiche che potrebbero rivoluzionare completamente la situazione. A parlare dell'ipotesi, in un'intervista alla tv ungherese Atv, è stato il ministro delle Finanze, Mihaly Varga. Un po' a sorpresa, dato che l'economista ha fama di essere una delle voci più moderate della compagine di Orban. La questione della permanenza nell'Unione "potrebbe assumere una nuova prospettiva nel momento in cui prevediamo di diventare contributori netti", intorno al 2030. Uno scenario di divorzio che potrebbe avverarsi soprattutto "se gli attacchi di Bruxelles proseguiranno su scelte di valori". Ad accrescere i toni dello scontro è intervenuta poi una nuova iniziativa del governo, una decisione firmata dal premier e pubblicata nella Gazzetta ufficiale, in cui si respingono con forza gli addebiti della Commissione europea sui deficit democratici nel Paese, accusando l'Esecutivo comunitario di "pressioni" e "doppie misure" sullo stato di diritto. Il documento è stato diffuso via Twitter in inglese, francese e tedesco dalla guardasigilli Judit Varga. "L' Ungheria - ha insistito la ministra - ha subito un attacco senza precedenti, solo perché la protezione dei bambini e delle famiglie è la nostra priorità e, a questo proposito, non vogliamo che la lobby Lgbtq entri nelle nostre scuole e asili". Il riferimento è alla legge che discrimina contro la comunità arcobaleno equiparando gli omosessuali ai pedofili, e oggetto di una procedura di infrazione europea. Un'iniziativa accolta con un 'no comment' da Bruxelles.
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