Nessuno in Europa è "così lontano dai valori comuni" come Budapest. Bruxelles torna ad attaccare Viktor Orban puntando il dito contro le sue "promesse infrante" sulla democrazia, la libertà di stampa e i diritti umani. Un lungo elenco di accuse contenute nel nuovo report sullo stato di diritto che descrivono un Paese sempre più isolato dal resto del continente.
E davanti al quale la Commissione europea di Ursula von der Leyen continua a tenere viva la minaccia di sfoderare l'arma letale dell'articolo 7, togliendo i diritti di voto al governo magiaro.
Una china discendente a cui anche la Slovacchia di Robert Fico si sta avvicinando, mentre nel resto d'Europa si registrano "progressi significativi". Soprattutto da parte della redenta Varsavia, figliol prodiga degli europeisti grazie alla nuova guida di Donald Tusk dopo i lunghi anni di governo del Pis di Mateusz Morawiecki pronto ora a tenere viva la sua battaglia contro lo status quo comunitario prendendo la guida dei Conservatori Ue. L'osservata speciale Budapest continua a violare "in modo massiccio" i principi dello stato di diritto ed è chiamata a invertire la rotta sul sistema giudiziario, la lotta alla corruzione e le tutele per garantire l'indipendenza dei media.
Non solo il governo ungherese capofila dei nuovi Patrioti all'Europarlamento non ha fatto "alcun progresso" sulle carenze del passato, ma l'elenco delle raccomandazioni - comunque non vincolanti - dell'Ue è salito a otto. Un "record assoluto", nelle parole della vicepresidente della Commissione europea, Vera Jourova, responsabile insieme al collega Didier Reynders della stesura del documento nato cinque anni fa con l'insediamento del primo esecutivo von der Leyen. In modo dettagliato, Bruxelles denuncia "l'influenza politica" sulla giustizia ungherese, con tanto di "campagne diffamatorie contro i giudici", la corruzione dilagante ai vertici, "le minacce che pesano sul pluralismo dei media" e l'assenza di misure "per garantire l'indipendenza editoriale e finanziaria dei mezzi di informazione del servizio pubblico".
Un giudizio impietoso davanti al quale l'esecutivo Ue non può far altro che tenere congelata un'ampia quota di fondi europei - oltre 20 miliardi di euro - destinati a Budapest, riservandosi il diritto di attivare l'articolo 7. Anche perché, hanno ammesso i funzionari Ue, le possibilità di dialogo con Orban - al culmine delle tensioni alimentate dalle sbandierate missioni di pace del premier ungherese a Mosca e a Pechino - appaiono ormai nulle. Nel resto del continente a preoccupare seriamente la squadra di von der Leyen - che ha messo lo stato di diritto al centro dell'agenda politica del suo nuovo corso - è soltanto Bratislava, destinataria di sette raccomandazioni, appena una in meno di Budapest. Negli altri Venticinque l'impegno a tutelare la democrazia, la libertà di stampa e i diritti umani - messo sempre più a dura prova dall'ascesa dei gruppi di estrema destra "nemici dell'Ue e amici di Putin" biasimati dalla leader tedesca - viene invece giudicato positivamente: quasi il 68% delle raccomandazioni formulate lo scorso anno sono state attuate del tutto o in parte. Un trend positivo guidato dalla Polonia di Donald Tusk e della sua riforma per l'indipendenza della giustizia che, ha sottolineato Jourova, "in una notte soltanto ha fatto dimenticare lunghi anni di scontri". Guardando più a sud, a impensierire Bruxelles sono l'Italia - con i richiami su riforme e libertà di stampa - e la Spagna protagonista della legge di amnistia per gli indipendentisti catalani. Sia con Roma che con Madrid, però, la Commissione europea assicura di essere "pronta a dialogare".
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