Nell'era della tv multipiattaforma, con la concorrenza di Netflix alle porte e la qualità sempre più appaltata al mondo pay, è ora di "togliere le rughe alla Rai" e di "riportare il servizio pubblico al centro del dibattito dei media", puntando innanzi tutto sul potenziamento di due macro-generi, "informazione e fiction". Non ha dubbi Carlo Freccero, esperto di comunicazione, autore e soprattutto uomo di prodotto, a lungo dirigente Mediaset e poi Rai, neo eletto in consiglio di amministrazione dalla commissione di Vigilanza con ben sei voti, ottenuti da pentastellati e Sel. "Ma non sono del Movimento Cinque Stelle - chiarisce subito in una conversazione con l'ANSA - e la cosa più interessante stamattina è stata proprio leggere sul blog di Beppe Grillo che nessun filo mi ha legato e mai mi legherà a M5S. L'idea che la Rai debba uscire dalle pastoie dei partiti corrisponde proprio alla mia visione. E mi ha fatto piacere l'appoggio di Fratoianni, che appartiene a un'area vicina alla mia sensibilità".
Nato a Savona nel 1947, negli anni '80 responsabile dei palinsesti di Canale 5 e Italia 1, poi curatore della programmazione di Retequattro e dal 1996 direttore della Rai2 di Santoro e Dandini, Fazio e Chiambretti, Freccero rivendica la sua "indipendenza, pagata anche a caro prezzo: Berlusconi mi ha fatto fuori la prima volta il 5 maggio del 1992, poi in Rai ho dovuto affrontare il caso Luttazzi e quando governava il centrosinistra mi ha mandato sul satellite", come presidente di Rai Sat e poi direttore di Rai4. Ora però, sottolinea, "mi hanno chiamato per un lavoro che penso saper fare: ridare centralità al servizio pubblico. Oggi il vero problema è la presenza di una televisione a due velocità: una per un pubblico che sa scegliere, ha competenze, è informato e un'altra per un pubblico abituato a un consumo più 'basso'.
La sfida è far sì che questa tv generalista, che rischia di fare la fine della scuola pubblica, diventando in qualche modo un ghetto privo di soldi, sia più vivace, libera, capace di stimolare il senso critico, tornare al centro del dibattito dei media, dettare l'agenda tenendo testa alla concorrenza sempre più forte della tv a pagamento e on demand. Una scommessa che si può vincere". Una spinta in questo senso può arrivare anche dalla possibile nomina di Antonio Campo Dall'Orto a direttore generale? "Vedremo. Mi auguro solo che non abbia paura degli editti che arriveranno dai partiti. E comunque sono curioso di vedere anche chi sarà il presidente". Del resto per Freccero il futuro della tv pubblica non è solo "una questione legata alla governance: certo, è fondamentale che la Rai venga affrancata dai partiti e affidata a persone competenti. Ma serve anche una politica editoriale basata su due punti fondamentali: potenziare l'informazione e la fiction e aiutare le idee, l'innovazione e la riscrittura di questi due macro-generi". Della riforma messa in campo dal governo Renzi "ho letto poche cose, ma posso dire che sono contrario al principio dell'accentramento del potere in una sola persona, sia essa il preside o il direttore generale. Ma l'area di consenso che si è coagulata attorno al mio nome mi fa sentire sereno e libero", conclude.
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