Di giorno era il dipendente di una ditta di Valmadrera che costruisce macchine per la produzione di pane, di pomeriggio un atleta rigoroso con una discreta carriera nella kickboxing, di sera un aspirante jihadista che dalla propria camera cercava una via per raggiungere il Daesh e la linea del fronte. Sono le tre vite del marocchino Abderrahim Moutaharrik, uno dei sei arrestati nell'operazione antiterrorismo in Lombardia frutto del lavoro congiunto di Ros e Digos. La sua pagina Facebook racconta un percorso di radicalizzazione cresciuto con la stessa foga dimostrata in palestra. Le due anime - il fighter e il combattente islamico - viaggiavano insieme: ad un incontro recente si è presentato sul ring indossando una maglia nera con le insegne dell'Isis. In pochi ci hanno fatto caso. Il prossimo 14 maggio avrebbe dovuto combattere al Palasport Enrico Somaschini di Seregno (Monza e Brianza) nell'evento "La notte dei campioni". Si stava allenando duramente con il team PF Lugano per sconfiggere il suo avversario Enderson Bonat, un "addetto alla macelleria" (così si è descritto) con un ruolino di 31 incontri di cui 22 vinti e 15 per ko. "Qua si lavora fino a tardi! Voglio la vittoria", ha scritto il marocchino naturalizzato italiano in un post delle 23.18 il 21 aprile allegando una foto all'interno di una palestra di Oggiono in cui mostra una maglia con la scritta "Everyday I'm Muslim". Il 18 aprile ha pubblicato il link per acquistare i biglietti, aggiungendo: "E pensare che un paio di anni fa ero solo un spettatore, ed ora protagonista di uno dei più grandi galà italiani... Alla faccia di chi mi vuol male". Accanto si vede l'emoticon di un uomo di colore con un turbante. Ora sul sito dell'evento c'è una sagoma nera al posto della sua foto con i pugni chiusi e le dita nodose, gli organizzatori l'hanno rimosso lasciando solo la posa di Bonat. Moutaharrik 67 Kg di peso per 188 cm, ha combattuto 14 match: 12 vinti di cui 5 per ko, un pareggio e una sola sconfitta, in Romania, contro un avversario molto più potente di lui, affrontato coraggiosamente nonostante pochissimo preavviso da parte degli organizzatori. Un curriculum che lo rendeva un avversario temibile, stimato dalle altre palestre e tenuto in grande considerazione dai compagni di squadra con cui trascorreva ore sul ring a fare sparring. C'è uno scatto del 18 aprile in cui abbraccia un compagno dopo una sessione di allenamento: Moutaharrik indossa una maglia con la scritta "I love Palestine", ha una sorta di turbante, punta il dito verso l'alto e dice "Quando la guerra chiama i guerrieri scendono in battaglia".
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