All'indomani dello scioglimento delle Camere, non soltanto i singoli partiti ma anche esponenti di spicco dei diversi schieramenti si espongono in vista delle prossime elezioni fissate per il 25 settembre.
Il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi sottolinea che il centrodestra è stato sempre leale con Draghi: "sono stati i Cinquestelle a mettere in crisi il governo". Poi annuncia che nel programma degli azzurri "c'è l'aumento delle pensioni, tutte le nostre pensioni, ad almeno 1000 euro al mese per 13 mensilità" e c'è l'impegno a mettere a dimora, a piantare ogni anno almeno un milione di alberi su tutto il territorio Nazionale. L'ex premier fa sapere inoltre che il partito ha già in mente nomi di prestigio per la composizione dell'eventuale futuro governo di centrodestra. "Le nostre liste saranno fatte come sempre di donne e di uomini di alto profilo", aggiunge.
Per il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio "l'agenda Draghi stava risollevando il Paese, stava portando prestigio al Paese". Ed è un'agenda che "passa per la riduzione del cuneo fiscale, per un salario minimo ma negoziato con le parti - ha aggiunto ancora Di Maio, parlando con i giornalisti a Nola - e infine che passi per un tetto massimo del gas in Europa per ridurre i costi delle bollette delle imprese e dei cittadini".
Per Mariastella Gelmini, che ha lasciato Forza Italia, "oggi Giorgia Meloni è leader del partito che ha maggiori consensi all'interno della coalizione di destra. Chiaro che mi preoccupa, pur avendo stima per lei, quale può essere il programma di un Presidente del Consiglio che, ad oggi, non ha votato il PNRR e che anche sul fronte dell'Europa ha posizioni molto distanti perché c'è stato un tempo in cui l'Europa era l'Europa dei burocrati, dopodiché abbiamo visto che con il Covid l'Europa è stata decisiva nel salvare i Paesi, nel fare i piani di vaccinazione, così come è decisiva oggi nel concedere all'Italia duecento miliardi di euro. Credo che la coalizione di destra - ha proseguito - sommi molte contraddizioni e saranno gli elettori a decidere. Confermo stima personale nei confronti di Giorgia Meloni ma preoccupazione per quelli che sono i propri programmi politici molto distanti dall'Europa e dall'agenda Draghi".
Dice di volergli ancora bene, ma per Renato Brunetta, "Berlusconi ha perso lucidità e umanità". Questa la sintesi cui giunge il ministro uscente per la Pubblica amministrazione dopo aver lasciato Forza Italia per il mancato voto di fiducia al governo Draghi. In un intervento su La Stampa, Brunetta usa parole dure: "Non sono io che lascio, ma è Forza Italia, o meglio quel che ne è rimasto, che ha lasciato se stessa e ha rinnegato la sua storia". Per il ministro, "sono degli irresponsabili coloro che non hanno votato la fiducia al presidente del Consiglio, anteponendo l'interesse di parte all'interesse del Paese".
Il senatore Andrea Cangini è fra quelli che hanno lasciato Forza Italia dopo che il suo partito non ha votato la fiducia al premier Mario Draghi in Senato. Ciò che denuncia è un appiattimento del partito di Silvio Berlusconi sulla Lega di Salvini. "La deriva non è iniziata in questi giorni", afferma intervistato da Qn. "È una tendenza che denuncio dall'inizio della legislatura" e che "si è rafforzata sempre di più".
Dalla Lega, intanto, Massimiliano Fedriga, presidente del Friuli Venezia Giulia e della Conferenza delle Regioni, riflette che "Mario Draghi ha fatto un ottimo percorso in mezzo a molte difficoltà con una maggioranza estremamente eterogenea. Penso al Pnrr, alla lotta alla pandemia, alla crisi con la guerra in Ucraina, alla crisi economica: è riuscito a tenere e ad avere quella capacità di dialogare con i paesi stranieri che ha reso l'Italia protagonista".
E il governatore del Veneto, Luca Zaia, arlando invita a guardare in faccia la realtà: "tra 60 giorni abbiamo un Parlamento, un governo e tutto". E definisce le prossime elezioni "sanificatorie", perché, aggiunge, "daranno in mano il Paese ad una forza che spero sia assolutamente rappresentativa e possa portare stabilità".
"Noi - dice Simona Malpezzi, presidente dei senatori Pd - siamo il partito che non ha tradito quello che il Paese chiedeva. La Lega può raccontarla come vuole, ma c'è un fatto politico conclamato: la Lega, con FI e M5S, ha deciso di non votare la fiducia al governo Draghi".
Chiude ai 5S anche il presidente dell'Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini: "Mi pare che dopo quello che Conte e il M5s hanno legittimamente scelto di fare, sia praticamente impossibile un'alleanza con chi ha fatto cadere o ha contribuito insieme alla destra a far cadere il Governo Draghi"
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