‘Visto da vicino, nessun è normale’: è un verso di ‘Vaca profana’, una canzone di Caetano Veloso, piena di riferimenti non sempre immediatamente comprensibili, di citazioni, di giochi di parole. Quella frase ha avuto talmente successo da finire perfino stampata sulle t-shirt come un qualsiasi ‘Pensa positivo’. Ma perché, se ha avuto tanto successo, se sembra esprimere una verità così profonda, oggi parliamo tanto di ritorno alla normalità? A cosa aspiriamo quando ci auguriamo di tornare alla normalità? Perché alcuni, forse i più accorti, parlano di ‘nuova normalità’?
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Il successo della frase contenuta nella canzone di Veloso si deve, come capita spesso, ad un percorso tortuoso. Molti sarebbero pronti a giurare di poterla attribuire a Franco Basaglia, lo psichiatra (anzi l’antipsichiatra) italiano ispiratore della legge omonima di riforma dell’ordinamento degli ospedali psichiatrici in Italia e prima ancora pioniere dell’abolizione della contenzione fisica, dell’elettroshock, dei cancelli chiusi tra i reparti. Il principio fondamentale, cui Basaglia lavorò tra Gorizia e Trieste, era trattare chi è portatore di disagio psichico come qualcuno da aiutare e non da segregare.
Ma c’era, e ci fu, molto di più: l’idea che ogni soggetto è diverso dagli altri e che la comprensione e la partecipazione sono l’unico strumento per capire e avvicinare queste diversità. E che non esiste dunque una disposizione gerarchica tra chi è riuscito ad aderire ad un modello proposto, più o meno ideale più o meno raggiungibile, e chi invece per varie ragioni non l’ha fatto. Ebbene, all’inizio degli anni ’90, quando Basaglia era già morto, la canzone venne fatta ascoltare a Trieste nel laboratorio di arti visive e serigrafia, nel parco dell’ex ospedale psichiatrico di San Giovanni. Il verso di Veloso sintetizzava alla perfezione il principio esistenziale ispiratore dell’opera dello psichiatra veneziano.
Ma per noi la fascinazione del normale resta invincibile: perché? La parola deriva dal latino norma, espressione che indica la squadra (detta anche regola), lo strumento che misura gli angoli retti, da cui deriva normalis che significa perpendicolare. La parola richiama dunque rettitudine, esattezza, regolarità cioè mancanze di curve, fronzoli, asperità. Sembra essere proprio quello che canta Jovanotti alla sua amata in ‘Chissà se stai dormendo’ con una voluta e infantile sgrammaticatura: ‘A me mi piaci perché sei dolce quando sei normale / Quando rinunci ai comportamenti da fotomodella’, dove la fotomodella è evidentemente considerata un esempio di esagerazione, stravaganza, eccesso. E perfino il re dei trasgressori italiani in musica sembra sognare questa normalità: ‘Io e te / Dentro un bar a bere e a ridere / Io e te / A crescere bambini / Avere dei vicini / Io e te / Seduti sul divano / Parlar del più e del meno’ canta Vasco Rossi in ‘Come nelle favole’. Salvo, appunto, definire questa normalità come una favola che, a quanto pare, non si è realizzata.
Per un altro verso è anche la ragione per cui la Scuola superiore Normale di Pisa si chiama così: il compito, nel 1810, era quello formare docenti che potessero impartire le norme, cioè formare cittadini ‘retti’ e rispettosi delle leggi e dell’imperatore, che era Napoleone (la Toscana era una provincia dell’Impero francese). Normale dunque, in questo caso, nel senso di ossequioso alle norme.
Ma a ben vedere gli umani, gli animali, la natura in genere, pur governati da rigorose leggi, biologiche, fisiche e matematiche sono tutt’altro che linee rette: sono una caotica pluralità di differenze, scarti, smottamenti, spigoli, eventi parzialmente imprevedibili. Perfino la geometria non è una sola: tra quelle non euclidee c’è la geometria frattale che spiega proprio la regolare irregolarità di forme come, tanto per fare un esempio, quella dei broccoli siciliani e romaneschi. E per questo motivo la psicologia, che studia le patologie per capire la normalità, ha avvertito da tempo che la normalità è una legittima costruzione sociale che include comportamenti idee e caratteristiche adeguati ad un determinato gruppo (e quindi diverse a seconda di tempi e latitudini) come forma di autoregolazione: la anormalità dunque è un concetto prodotto dalla società, non una caratteristica dell’individuo stesso.
È per questo che Childline, servizio di consulenza inglese per bambini e giovani ha lanciato una deliziosa campagna in stop motion (che si può vedere sul loro sito e anche su YouTube e su alcune pagine Facebook) su adolescenti che si sentono diversi, dal titolo ‘Nobody is normal’ e con una colonna sonora che non potrebbe essere più chiara: è ‘Creep’ dei Radiohead, l’inno a tutti quelli che si sentono diversi o come magari si dice, sfigati.
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