(di Alessandra Moneti)
Per produrre un litro di vino
mediamente vengono utilizzati in vigna 80 litri di acqua l'anno.
Un fabbisogno molto oneroso con la siccità registrata lo scorso
anno al Centro-Sud e dopo che il 2024 è stato consacrato l'anno
più caldo della storia. Una nuova tecnica colturale, messa a
punto dopo venti anni di sperimentazioni in dieci distretti
vitivinicoli, dal Piemonte alla Sicilia, guarda letteralmente
alla radice del problema per i vigneti 4.0, con prodotti di
migliorata qualità e che sfidano la mancanza di acqua, per un
risparmio idrico che può arrivare a essere pari a due volte e
mezzo il Lago d'Iseo, considerando le viti della sola Lombardia.
La nuova tecnica si chiama portainnesti M ed è stata messa a
punto dal team di ricerca dell'Università di Milano, guidato da
Attilio Scienza e Lucio Brancadoro, e supportato da Winegraft.
Si tratta di radici su cui vengono innestati i vitigni, dal
Cabernet al siciliano Nero D'Avola, che ora fungono non più solo
come barriera contro siccità e calcare ma quale veicolo per una
qualità superiore dei vini.
Una innovazione tutta italiana che si sta diffondendo nel
mondo perché può portare ad un risparmio idrico fino al 40%, con
influenza positiva, è stato evidenziato nello studio, sulla
qualità delle uve e quindi dei vini.
L'equipe dell'Università di Milano ha dimostrato che i "4
moschettieri", cioè i 4 vitigni M1, M2, M3, M4, della serie M,
sono in grado di portare il vitigno a migliori performance
produttive in tutti i diversi aspetti che determinano la qualità
dell'uva e quindi del vino: vigore e produzione del ceppo,
maturazione tecnologica, fenolica e aromatica delle uve. "Se
tutti i vigneti della Lombardia fossero innestati sugli M si
risparmierebbe ogni anno 426 milioni di ettolitri di acqua pari
a due volte e mezzo il lago d'Iseo", sottolinea Marcello
Lunelli, presidente di Winegraft la società che riunisce nove
tra le aziende vitivinicole più importanti del Paese (Ferrari,
Zonin, Banfi Società Agricola, Armani Albino, Cantina Due Palme,
Claudio Quarta Vignaiolo, Bertani Domains, Nettuno Castellare,
Cantine Settesoli ). Ma oltre al netto risparmio idrico la
portata di quest'ultima ricerca dell'Università di Milano sui
portainnesti M, moltiplicati e distribuiti in esclusiva da Vivai
Cooperativi Rauscedo in Friuli Venezia Giulia "è - commenta
Lunelli - rivoluzionaria perché cambia la visione storica che
abbiamo sempre avuto dei portainnesti. Non dobbiamo più
considerarli solo una "barriera contro" fillossera, siccità,
ecc. ma come un efficiente strumento biologico per ottenere una
superiore qualità dell'uva e quindi del vino". Lo studio guidato
da Scienza e Brancadoro evidenzia inoltre quanto il portainnesto
influisca sull'accumulo di polifenoli durante la maturazione,
aspetto determinante nella qualità dei vini rossi. Con diversi
vitigni rossi - Nero d'Avola, Cabernet Sauvignon e Sangiovese -
sono stati rilevati livelli più alti di polifenoli totali nelle
uve, e una più accesa tonalità delle sostanze coloranti.
"Abbiamo avuto conferma - conclude Brancadoro - di quanto i
portinnesti M siano un driver decisivo per raggiungere una
qualità in vigna decisiva per ottenere risultati enologici
d'eccellenza".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA