(ANSA) - PERUGIA, 30 NOV - La lotta all'Aids passa anche per
la non discriminazione dei soggetti colpiti dalla malattia: in
occasione della giornata mondiale dell'Aids, la Usl Umbria 1
rende nota l'attività del centro di Umbertide, l'unico a livello
nazionale che tratta chirurgicamente la lipodistrofia, uno dei
più temibili effetti collaterali delle cure alle quali i devono
sottoporre i malati affetti da Hiv, cioè le alterazioni
deformanti del viso e di tutto il corpo, che ha gravi
conseguenze anche dal punto di vista psicologico e sociale,
infatti rende i pazienti facilmente identificabili come malati
di Aids e, quindi, vittime di discriminazione.
Ogni anno arrivano nel centro di Umbertide, di cui è
responsabile la dottoressa Anna Domatsoglou, circa 150 pazienti,
di cui il 98% da fuori regione, grazie ai contatti con i centri
di malattie infettive di tutta Italia, per sottoporsi ai
trattamenti ricostruttivi per limitare le alterazioni del viso
provocate dalle cure. I principali farmaci antiretrovirali,
quelli che permettono oggi di sopravvivere all'infezione,
determinano, infatti, delle gravissime alterazioni di diversi
tessuti del corpo umano, come muscoli e sottocute, cioè il
tessuto fibroso ed adiposo presente in tutto il corpo provocando
due fenomeni. Il primo - spiega una nota della Usl - è
l'accumulo a livello della parete posteriore del collo e del
dorso (ma anche in altri distretti) di enormi quantità di
tessuto fibro-adiposo e impediscono i movimenti e provocano
alterazioni morfologiche del profilo del corpo difficilmente
nascondibili. Il secondo riguarda una marcata atrofia di tutto
il tessuto muscolare e dei tessuti per cui gli arti diventano
ipotrofici con il plesso venoso superficializzato. Soprattutto
il viso appare profondamente scavato, con guance infossate e
pelle tesa. Chiaramente un giovane che presenta questi segni
viene normalmente identificato come malato di Aids ed emarginato
dalla società, nonostante le cure.
Nelle strutture ospedaliere della Usl Umbria 1, questi
pazienti, oltre che essere sottoposti, spesso con tecnologie
ultrasoniche, ad asportazione delle zone di accumulo, nei casi
di atrofie vanno incontro a complessi interventi di
trasferimento di tessuti da una zona e l'altra del loro corpo
per ripristinare la loro normale morfologia, non certo a scopo
estetico ma con l'unico fine di non essere discriminati come
affetti da Aids ed avere un generale profondo miglioramento
della loro qualità di vita.
"Vorrei ringraziare in particolar modo - afferma il dottor
Marino Cordellini, direttore della struttura complessa di
chirurgia ricostruttiva della Usl Umbria 1 - tutto il personale,
medico e non solo che, con grande dedizione, si occupa ogni
giorno di questi pazienti, in un contesto sanitario e
assistenziale estremamente delicato". (ANSA).