(ANSA) - NAPOLI, 29 MAR - "Dopo i pestaggi del sei aprile
2020 dei detenuti del carcere di Santa Maria Capua Vetere,
presentai una prima denuncia alla Procura l'otto aprile, poi in
quei giorni parlai con l'allora direttore facente funzioni del
carcere, Maria Parenti, con il capo degli agenti Gaetano
Manganelli e con il provveditore campano alle carceri Antonio
Fullone, e tutti e tre mi risposero che il 6 aprile c'era stata
una perquisizione in risposta alle proteste del 5 aprile per la
positività al Covid di un detenuto, qualcuno dei tre mi disse
speciale, e nulla più". Così il garante regionale dei detenuti
Samuele Ciambriello, sentito come testimone al processo in corso
all'aula bunker del carcere di Santa Maria Capua Vetere in cui
sono 105 gli imputati tra agenti penitenziari, funzionari del
Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e medici Asl in
servizio al carcere, ha ripercorso, sollecitato dalle domande
del pm Alessandro Milita, quei momenti successivi ai pestaggi
del 6 aprile, in cui dovette muoversi con i piedi di piombo,
anche perché i reclusi che via via denunciavano i pestaggi,
spiega Ciambriello, "avevano paura di ritorsioni e di essere
trasferiti in altre carceri".
Un "muro" quello che Ciambriello si trovò di fronte, visto
che nessuno dal carcere - tra funzionari, medici ed agenti - o
dal Dap fece trapelare nulla di quanto accaduto realmente il 6
aprile.
"Fullone - riferisce ancora il garante - mi disse che avevano
sequestrato ai detenuti pentolini con olio e bollente, oggetti
contundenti. Io avevo informazioni anche su violenze ai detenuti
ma non gli contestai nulla". (ANSA).