(ANSA) - NAPOLI, 26 APR - Sentenze di primo grado confermate
e dichiarazione di inammissibilità per l'appello presentato
dalla Procura di Napoli in relazione all'aggravante mafiosa: si
è concluso così il processo, davanti alla prima sezione della
Corte di Appello di Napoli, sul rapimento di Stefano Pettirosso,
l'operaio sequestrato nel pomeriggio del 13 febbraio 2020, nella
zona di Chiaiano, a Napoli, da alcuni presunti esponenti della
criminalità organizzata che, secondo gli inquirenti, così
intendevano finanziare il clan.
Pettirosso fu poi rilasciato, dopo 7-8 ore, a fronte del
pagamento di un riscatto di 40mila euro.
Il processo in primo grado si sdoppiò in due tranche:
abbreviato e ordinario. La sentenza di secondo grado di oggi
riguarda il processo celebrato con il rito ordinario al termine
del quale gli imputati vennero ritenuti colpevoli di sequestro
di persona a scopo di estorsione. I giudici di secondo grado
hanno confermato le sentenze nei confronti di Gennaro Caldore
(14 anni), Pasquale Concilio (7 anni e 8 mesi), Emanuele
Mincione (7 anni e 8 mesi), Pasquale Pandolfo (11 anni e 4
mesi), Nunzio Pecorelli (8 anni), Costantino Raia (18 anni),
Antonio Ronga (11 anni e 4 mesi), Salvatore Roselli (12 anni) e
Giovanni Strazzulli (7 anni e 8 mesi).
Pettirosso venne rapito dai sei persone in sella a tre moto
Honda poco prima di acquistare un regalo alla fidanzata, e
portato nella villetta comunale di Chiaiano dove venne convocato
il padre al quale vennero chiesti 50mila euro. I sequestratori,
che chiusero i cancelli della villa per evitare l'accesso a
eventuali visitatori, minacciarono di amputargli le dita in caso
di mancato pagamento, e di bruciargli una mano, qualora fossero
state avvertite le forze di polizia. La famiglia pagò 40mila
euro e Stefano Pettirosso venne rilasciato dopo una breve
prigionia. (ANSA).