Che succede in questo 69/o Festival di Cannes, ormai al giro di boa? Strane cose, in un'edizione che fino ad ora non ha mostrato alcun capolavoro, ma piuttosto la ripetizione dei soliti autori che citano se stessi. Lo ha fatto Allen con CAFE' SOCIETY, lo ha fatto Loach con I, DANIEL BLACK, entrambi con una evidente deriva melanconica e senza speranza, lo ha fatto anche Jeff Nichols con LOVING, riproponendo un ottimo film, ma classico e già troppo visto, sui temi di una coppia interrazziale con arrivo della cavalleria nel finale. E le previsioni? Anche quelle bizzarre. In testa per i critici sia internazionali che francesi il film tedesco TONI ERDMANN seguito, per entrambi, da SIERANEVADA di Cristi Puiu. E ancora MA LOUTE, per i francesi e I, DANIEL BLACK e AMERICAN HONEY per gli internazionali di Screen.
Intanto dalla regista tedesca di TONI ERDMANN, Maren Ade, arriva poco più di una commedia dai toni drammatici che però ha conquistato tutti. Di scena un'algida e del tutto prammatica consulente aziendale di nome Ines che lavora a Bucarest. Un giorno giunge in città il padre, solito agli scherzi e al buon umore, e quando scopre che la figlia ha perso la gioia di vivere, decide di trasformarsi in Toni Erdmann; così cambia aspetto e comincia a tormentarla con scherzi e battute. E questo fino alla sua guarigione. Nonostante i 253 minuti di durata e l'ambientazione, un appartamento di 100 metri quadri affollato di personaggi e con un solo bagno a Bucarest, sono piovuti tanti applausi alle prima stampa di SIERANEVADA del regista romeno Puiu.
Da lui una sorta di affresco della Romania post Ceausescu che entra nel cuore di una famiglia piccolo-borghese alle prese con la ricorrenza di un defunto.
MA LOUTE di Bruno Dumont, come TONI ERDMANN, è un film volutamente sopra le righe. Siamo nel 1910 nella baia di Slack. Qui convivono, a grande distanza, i ricchi borghesi in vacanza e i poveri pescatori locali. Il film, girato volutamente nel segno della caricatura, della maschera, dell'esagerazione interpretativa, solo per un istante fa incrociare una famiglia di pescatori di mitili, ma anche di borghesi da mangiare, e una agiata tutta vezzi e ipocrisie.
I, DANIEL BLACK è invece un film duro e senza speranza sui nuovi poveri, quelli che ci sono vicini e non vediamo. Protagonista Daniel Black, un falegname cinquantottenne che, dopo un infarto, prende il sussidio di invalidità, ma vorrebbe tanto tornare a lavorare. Rimbalzato da una burocrazia all'altra piomba nella povertà. Infine, AMERICAN HONEY, di Andrea Arnold. Di scena la sub-cultura americana di ragazzi senza troppi ideali che per divertirsi si fanno di crack, birra ed erba. Questi stessi ragazzi poi hanno un lavoro più che precario: vendere riviste in giro per gli Stati Uniti. Grande musica.