ANSAcom - In collaborazione con
Ey
L'Italia conferma nel 2022 il trend positivo come destinazione di investimenti diretti esteri, con la realizzazione di 243 progetti e un incremento annuo del 17%. Un dato superiore rispetto a quello delle tre maggiori economie europee, Germania, Regno Unito e Francia, che pur continuando ad attrarre la maggior parte dei flussi, il 50% del totale in Europa, registrano performance al di sotto delle aspettative, rispettivamente -1%, -6% e +3%.
È quanto emerge dall’Ey Europe Attractiveness Survey 2023 che evidenzia come i servizi B2B e il comparto IT, con il 19% e il 16% degli investimenti, siano risultati i settori più attrattivi per gli investitori stranieri in Italia. In calo trasporti e logistica, che segnano un decremento del 4% rispetto al 2021. L'Italia, rileva lo studio di Ey, "è riconosciuta come uno dei principali mercati di consumo in Europa: il 68% degli investimenti è infatti volto al posizionamento sul mercato locale; mentre il 32% degli investimenti è guidato dalle competenze e dal know-how locale".
I Paesi che hanno investito maggiormente in Italia nel 2022 sono Stati Uniti (21%), Francia (14%, superando la Germania), Regno Unito (14%) e Germania (11%). Quanto alla distribuzione geografica gli investimenti esteri sono per lo più concentrati nelle regioni del Nord-Ovest (57%), dove si trovano alcuni dei distretti industriali più attrattivi, dalla meccanica al tessile, insieme a pelletteria, design e automotive. Seguono il Centro Italia (16%) e il Nord-Est (12%). Positiva la crescita degli investimenti destinati al Meridione: dal 10% al 15% del totale.
Secondo lo studio di Ey resta "uno spazio di crescita rilevante considerando la dimensione dell’economia italiana. Si è mantenuta costante al 4%, infatti, la quota di mercato dell’Italia sul totale degli investimenti diretti esteri a livello europeo, con Francia e Germania che detengono rispettivamente il 21% e il 14%".
Il 35% degli investitori intervistati nell'ambito dell'analisi, rispetto al 70% del 2021, ritiene che la principale area su cui i policymaker italiani dovrebbero intervenire sia la riduzione dell’imposizione fiscale su consumatori e imprese, seguito dalla diminuzione del costo del lavoro (34%). Emergono, tra le aree su cui indirizzare politiche attive a supporto dell’attrattività, il miglioramento della qualità della vita, lo sviluppo sostenibile dei sistemi urbani e il supporto ai processi di innovazione.
La dimensione del mercato italiano rappresenta per il 65% del campione intervistato il principale driver che spinge gli investitori a stabilire una presenza diretta nel Paese, al fine di indirizzarsi ai consumatori. Anche il limitato grado di concorrenza in alcuni settori dell’economia nazionale, rispetto ad altri Paesi europei, spesso caratterizzati dalla presenza di imprese di maggiori dimensioni, è percepito come un incentivo a investire in Italia per il 57% degli intervistati. Vincoli burocratici (64%) e incertezza politica e regolatoria (55%) sono gli elementi che, al contrario, disincentivano maggiormente gli investitori.
L’Italia è promossa dagli investitori per l’impegno su tematiche Esg, incentivi all’innovazione tecnologica e formazione del capitale umano. In particolare, più del 50% degli investitori ritiene che l’Italia abbia una quota di fonti rinnovabili nel mix di energia prodotta superiore agli altri Paesi europei, a esclusione di Regno Unito e Portogallo che in questo ambito hanno un posizionamento superiore. Italia, Regno Unito e Francia sono i Paesi con la miglior tutela della proprietà intellettuale percepita a livello europeo. Infine per il 52% degli intervistati l’Italia è sopra la media europea nel promuovere una cultura aziendale flessibile e inclusiva.
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