La Cina ha aumentato la produzione giornaliera di carbone di oltre un milione di tonnellate negli sforzi per allentare la crisi energetica, mentre a Glasgow, nella cornice della Cop26, i leader mondiali sono impegnati nei colloqui sul clima per scongiurare gli effetti del global warming.
La Commissione nazionale per lo sviluppo e la riforma (Ndrc), il massimo organo cinese impegnato nella pianificazione economica, ha reso noto che la produzione media giornaliera di carbone è salita a oltre 11,5 milioni di tonnellate dalla metà di ottobre, con un aumento di 1,1 milioni di tonnellate rispetto alla fine di settembre.
Il più grande importatore di carbone al mondo è alle prese negli ultimi mesi con blackout e razionamenti di elettricità che hanno causato gravi problemi alla catena produttiva e di approvvigionamento, scontando gli obiettivi di taglio alle emissioni e i prezzi record dei combustibili fossili, carbone in testa. Diverse fabbriche, infatti, sono state costrette a interrompere le operazioni, sollevando i timori sulla tenuta della supply chain globale. La stretta sta scontando anche la politica della 'tolleranza zero" contro il Covid-19 che ha visto Pechino quasi chiudere i suoi confini con il mondo esterno, ostacolando le spedizioni di materie prime dall'estero, aggravando anche gli effetti del duro scontro diplomatico in corso con l'Australia che ha portato a un drastico calo delle importazioni di carbone. Alla fine di ottobre, dopo vari interventi, la produzione giornaliera di carbone aveva raggiunto 11,72 milioni di tonnellate, un record negli ultimi anni. Anche i prezzi spot del carbone sul mercato domestico stanno "calando rapidamente", con il contratto principale dimezzato a 970 yuan per tonnellata. "Anche i livelli di stoccaggio sono aumentati velocemente con il graduale miglioramento della situazione di domanda e offerta", ha riferito la Ndrc. Da settembre 2020, il presidente Xi Jinping ha annunciato e poi aggiornato l'obiettivo e la visione di picco e neutralità del carbonio, rispettivamente entro il 2030 e il 2060, e ha proposto obiettivi nazionali indipendenti e misure politiche specifiche sul fronte domestico e all'estero, come il blocco ai finanziamenti di nuove centrali a carbone. Allo stato, la Cina è il più grande inquinatore (29,9% di emissioni) al mondo, con l'87% delle produzione energetica legata ai combustibili fossili (di cui il 60% costituito dal carbone) e la fase di transizione si è dimostrata complessa. Nella prima metà del 2021 sono stati costruiti 18 nuovi altiforni per l'acciaio (Pechino ha una quota mondiale di produzione del 50%) e 43 centrali elettriche a carbone. Il target di fonti rinnovabili e nucleare è stato aggiornato al 2030 dal 20 al 25%, dal 15% attuale, e all'80% entro il 2060, riducendo l'intensità delle emissioni - la quantità per ogni punto di Pil - di oltre il 65%. Xi ha presentato a Glasgow solo una dichiarazione scritta.