Un conducente di autobus a Parigi rifiuta di pagare gli oltre 7.000 euro del conto dell'ospedale Saint-Louis, per i 10 giorni di cure somministrate al padre. Che, prima di morire, era stato anche ricoverato in rianimazione.
La somma fatturata dall'ospedale corrisponde al 20% del totale (35.184 euro), cioè la parte non rimborsata dall'Assistenza pubblica e che avrebbe dovuto essere a carico di un'assicurazione che la vittima, 74 anni, non aveva sottoscritto. Quando la fattura è arrivata a casa del figlio, che abita con la famiglia nella Val d'Oise, focolaio a nord di Parigi, è stato lo sgomento: 7.036,80 euro da pagare entro il 23 maggio. Una somma che la vedova, 70 anni, ex colf ormai in pensione con 560 euro al mese, non può pagare. E il figlio (1.800 euro al mese) neppure: "ovviamente non ho pagato niente, e neppure pagherò - ha assicurato a Le Parisien - significherebbe sacrificare tutti i risparmi di mia madre, di mia sorella e miei. Tanto più che pare mi debba arrivare una seconda fattura ancora più elevata". Questo secondo salatissimo conto, corrisponde alle 3 settimane trascorse dal padre in una clinica.
L'uomo ha contattato un collettivo di avvocati che ha riunito già 130 persone malate o parenti di morti per il virus che hanno denunciato lo stato al Tar per la gestione dell'epidemia.
Laurent - questo il nome del conducente di bus protagonista della disavventura - ritiene che il 15 marzo, lo svolgimento del primo turno dell'elezione dei sindaci, a due giorni dal lockdown, fu fatale per tutta la famiglia, che si recò al completo alle urne. Qualche giorno dopo, apparvero i primi sintomi sulla madre, poi gli altri. Il padre si aggravò giorno dopo giorno pur essendo in buona salute: "ci dicevano anche di continuare a vivere come prima. A causa della mancanza di vigilanza delle autorità, mio padre è morto di coronavirus"
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