Il numero riportato per ora è di 12, ma potrebbero essere molte di più le persone che in Uganda sono state presumibilmente uccise da agenti di sicurezza impiegati per far rispettare le restrizioni imposte per arginare la pandemia. Il dato è ancora più paradossale se si considera il fatto che il Paese africano non ha ufficialmente decessi per Covid-19.
Accusati degli abusi, i membri dell'Unità di difesa locale (Ldu), forza che comprende poliziotti, militari e civili armati.
Ldu organizza da marzo blocchi stradali per garantire che siano rispettate le misure anti-coronavirus, tra le quali il coprifuoco dal tramonto all'alba. Ad uno di essi ha perso la vita il 30enne Eric Mutasiga, morto in ospedale per ferita di arma da fuoco. La sua famiglia di otto persone è ora a carico dell'anziana madre Joyce Namugalu, 65enne che si è sfogata con la Bbc: "La polizia non ha rivelato l'identità di colui che ha sparato, quindi a chi dovrei fare causa?", domanda retoricamente a chi le consiglia di portare gli assassini in tribunale.
Mutasiga, infatti, oltre a dirigere una scuola aveva anche un piccolo negozio vicino alla sua casa ai margini di Mukono, a circa un'ora di auto dalla capitale ugandese Kampala. Una sera i membri della Ldu stavano arrestando persone trovate a lavorare dopo il coprifuoco delle 19.00. Tra loro, anche un giovane con una bancarella nei pressi dell'attività di Mutasiga, che ha allora chiesto di perdonarlo. Ne è nato un alterco con gli agenti conclusosi con uno sparo alla gamba dell'uomo mentre si allontanava, come ha raccontato Mutasiga mentre veniva portato in ospedale.
Le speranze di guarigione della sua famiglia sono state vane, perché non si è potuto procedere all'operazione. E questa è solo una storia di una troppo numerosa serie.
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