Dalla Regina Elisabetta al Premier Boris Johnson, dai 60mila di Wembley ai milioni davanti alle tv nei pub da Newcastle a Southampton: l'Inghilterra si stringe attorno ai Tre Leoni, per tornare domani sera - dopo una lunga e frustrante attesa durata oltre mezzo secolo - a vincere un torneo internazionale. Da Wembley a Wembley, dagli eroi del '66 a Harry Kane e compagni, chiamati domani a battere l'Italia e conquistare Euro 2020. Il primo Europeo della sua storia proprio nell'anno in cui il Regno Unito, e con esso anche gli inglesi, è uscito (ufficialmente) dall'Unione Europea. Suonerebbe quasi come una insopportabile beffa per Bruxelles. Ma alla vigilia della sfida contro gli azzurri, battuti solo 8 volte nei 29 precedenti, e mai (in partite ufficiali) negli ultimi 45 anni, Gareth Southgate scaccia ogni pensiero extra-calcistico per concentrarsi solo sulla finale, la prima per l'Inghilterra - a livello internazionale - da 55 anni. "Ovviamente ogni tipo di riconoscimento fa piacere, come la lettera della Regina o del Primo ministro. O come il saluto che ci hanno tributato i tifosi locali alla partenza dal nostro centro sportivo di St. George's Park - le parole del ct inglese -. Ma noi adesso pensiamo solo alla partita, che vogliamo vincere perché pensiamo di poter vincere". Non certo per arroganza, o mancanza di stima dei prossimi avversari: "L'Italia rappresenta una nuova sfida per noi, molto difficile. Non solo perché tatticamente sono una squadra molto preparata, ma perché la loro striscia positiva parla per loro". L'Inghilterra però arriva all'appuntamento con la storia carica di entusiasmo e convinzione. La stessa che porta i bookmakers locali a puntare sicuri sui padroni di casa (quotati 5/6 a fronte del 21/20 attribuito all'Italia), o il Premier Johnson a lasciare presagire un giorno di festa nazionale in caso di trionfo europeo. Nel caso di Southgate - alla ricerca di un riscatto personale, dopo essersi sentito per anni colpevole, con il suo rigore sbagliato, dell'eliminazione inglese nella semifinale di Euro 1996 contro la Germania ("'Football's coming home'? Non ho voluto ascoltarla per 15 anni,mi faceva troppo male") - è la progressiva maturazione compiuta dalla sua squadra negli ultimi anni a rassicurarlo nel suo impeccabile aplomb.