Il calcio, l'amicizia, la vita, fusi in un abbraccio. Quello fra Roberto Mancini e Gianluca Vialli è il gesto più iconico di questo Europeo azzurro, nell'estate in cui non solo in Italia ma in tutto il mondo si comincia a lasciarsi andare, a stringersi come quando non si conosceva la paura del virus. Trent'anni fa il ct e il suo assistente festeggiavano con la stessa intensità lo scudetto della Sampdoria, quando erano 'i gemelli del gol', più che amici, quasi fratelli in una squadra che il patron Paolo Mantovani viveva come una seconda famiglia.
Dal 1991 di vita ne è passata, e chi come Vialli un po' ne ha persa per un tumore sa quanto certe gioie poi valgano di più. "È stato emozionante, è stato emozionante", ripete Ludovica Mantovani, oggi presidente della Divisione Calcio Femminile e negli anni '90 testimone diretta delle imprese, ma anche delle vicende di tutti i giorni dei due campioni nella squadra del suo papà. Come milioni di italiani è rimasta colpita dalla corsa di Vialli verso l'amico dopo il gol di Federico Chiesa e tanta sofferenza contro l'Austria. "È stato due volte emozionante - dice -, perché la Nazionale vinceva e perché questi ragazzi hanno fatto un percorso straordinario. È un simbolo bellissimo per il calcio. Luca ha bisogno del calcio, e il calcio ha bisogno di Luca".
Per il presidente del Coni, Giovanni Malagò, "questa foto, per tanti motivi... dice tutto! W l'Italia W lo Sport". Pochi conoscono Mancini come Vialli, ed è stato quasi naturale scrivere con lui un libro ('La bella stagione'): si raccontano anche gli 8 livelli di arrabbiatura del ct, che un giorno se la prese parecchio con l'amico solo perché l'aveva chiamato per cognome, e non Mancio o Robi. E pochi amano questo gioco come Vialli. Lo si capisce dal sorrisetto che gli è spuntato in volto una settimana fa, gustandosi da due passi la scena dell'ex compagno di squadra che colpiva al volo di tacco un pallone finito fuori. La stessa classe di quando giocavano assieme, uniti da un'amicizia che raddoppia le gioie e divide le delusioni.
Enorme fu quella della finale di coppa dei campioni persa a Londra nel 1992 contro il Barcellona, e l'idea di riscattarsi nella finale di Euro 2020 a Wembley (in quello nuovo, ma poco cambia) è sicuramente un pensiero che si sta facendo strada. "È ancora lunga. Ne mancano tre per riprenderci quella notte...", ha detto dopo il successo con l'Austria ai supplementari Mancini. In vista dei quarti il ct si prepara a studiare il prossimo ostacolo con il suo staff, in cui ha scelto altri ex Samp come Attilio Lombardo (gli azzurri gli baciano la nuca per buon auspicio come facevano i francesi con Barthez), Alberico Evani e Fausto Salsano.
Il primo nodo da sciogliere insieme riguarda probabilmente una staffetta fra Chiesa e Berardi: l'ultimo exploit potrebbe valere una maglia da titolare all'esterno della Juventus. E andranno verificate anche le condizioni di Verratti a centrocampo. Le scelte inizieranno a delinearsi dall'allenamento di domani. Intanto gli azzurri, rientrati alle 6 a Coverciano, hanno provato a smaltire le fatiche di Londra, poi in serata barbeque davanti alla diretta di Belgio-Portogallo. La missione quarti è cominciata: si riparte da quell'abbraccio, affetto e liberazione insieme.