Nato a Florisdorf, nei pressi di Vienna, da papà serbo (ecco spiegato il cognome di chiara origine balcanica) e mamma austriaca, da ragazzo era soprannominato il 'talento pazzo' ma, con il passare degli anni, qualcuno gli ha affibbiato l'etichetta di 'Piccolo Ibrahimovic'. Forse troppo, nel senso che avrebbe potuto giocarsi meglio le proprie chance. Un Ibra con le dovute proporzioni, insomma.
Marko Arnautovic ha trascinato l'Austria alla fase finale dell'Europeo, mettendo a segno sei gol nelle qualificazioni: 32 anni compiuti il 19 aprile, un passato all'Inter senza lasciare traccia, adesso gioca nello Shanghai SIPG. Alto 192 centimetri, per 82 chilogrammi, Arnautovic è una punta duttile, molto bravo con entrambi i piedi, possiede buone capacità tattiche, è molto bile nell'uno contro uno e tende a saltare l'uomo con grande agilità.
Possiede un repertorio tecnico fatto di numeri e giocate. Difficile sradicargli dai piedi il pallone, che difende anche grazie a una notevole forza fisica. Peccato per quel suo carattere così particolare, irascibile, che lo rende spesso antipatico, spilogoso e livoroso, anche con i compagni di squadra.
L'Inter lo fece esordire nella stagione del 'triplete', ai tempi della gestione di Mourinho, ma in nerazzurro riuscì a totalizzare solo 53' in campo. Pochissimo per uno come lui Nella memoria dei tifosi della 'Beneamata' restano impresse le sue imprese fuori dal terreno di gioco.
Perfino Mario Balotelli di lui disse: "E' la persona più folle mai conosciuta”, mentre José Mourinho lo liquiderà, definendolo uno con “la mentalità di un bambino", che "non cambierà mai” e che dunque "non può avere futuro in una 'mia' squadra". Infatti, andrà via.
Dall'Inter torna a giocare nel Twente, in Olanda, da dove era partito, poi gioca in Germania, Inghilterra e Cina. L'Europeo, per lui, può essere l'ultima chiamata di una carriera a corrente alternata, vissuta fra clamorose derive e imprevedibili rovesci. Comunque sempre oltre ogni cosa. Non è più una stella brillantissima del firmamento calcistico, ma lui stesso sa benissimo che impiega poco ad accendersi, tanto è il talento di cui dispone. A patto, però, che voglia esibilirlo.
Da questo punto di vista ricorda molto uno come Ibrahimovic.