Datemi uno Zlatan Ibrahimovic al massimo e solleverò la Coppa. Potrebbe essere questo lo slogan del Ct Erik Hamren, alla vigilia di Euro 2016. Nessuna delle 24 squadre che si affronteranno in Francia è altrettanto dipendente dagli estri di un unico giocatore quanto la Svezia. Perché in Europa si contano sulle dita di una mano gli attaccanti in grado di indirizzare le sorti di una partita ed uno di questi gioca in gialloblù. A marzo, con otto giornate d'anticipo, nel suo Psg aveva già stravinto il quarto titolo di Francia consecutivo.
Un'abitudine per lui, nato a Malmoe il 3 ottobre 1981, da padre bosniaco e madre croata. Fortissimo fisicamente, ma anche ricco di talento e fantasia, Ibra ha vinto in tutti i campionati nei quali si è cimentato: dall'Olanda (Ajax) all'Italia (Juventus, Inter e Milan), dalla Spagna (Barcellona) alla Francia. Ovunque lasciando il segno con scie di gol mai banali, spesso segnati in acrobazia ed agilità, nonostante i suoi 195 centimetri d'altezza. Dote che lo rende pericolosissimo di testa. E si riesce a limitarlo nel gioco aereo, eccolo pronto ad inventarsi qualcosa con i piedi, poco importa che sia il destro o il sinistro. Alcune sue reti, segnate con rovesciate da distanze impensabili, sono tra i video più cliccati.
Non meno pesante il suo apporto con la maglia della Svezia, con la quale ha segnato 62 reti in 112 presenze (record del Paese). Basti dire che delle 19 reti nelle qualificazioni, 11 portano la sua firma, comprese le tre nei playoff contro la Danimarca. "Senza di me non sarebbe un Europeo degno di essere visto" aveva detto alla vigilia di quella doppia sfida. Ed ha dato tutto per esserci. Consapevole che "probabilmente sarà l'ultimo grande torneo al quale parteciperò con la Nazionale". Nel suo inimitabile carattere burbero, ripete spesso che non gli piace parlare con i giornalisti (che infatti maltratta ogni volta che ne ha occasione) e preferisce spiegarsi con i piedi, in campo. Ed è infatti lì che spesso Ibra ha l'ultima, decisiva, parola.