Quando il presidente José Mujica dice che "in Uruguay il calcio è un miracolo, perché siamo un piccolo paese", le statistiche sembrano proprio dargli ragione: la storia di questa mini nazione di 3 milioni di abitanti, cresciuta all'ombra dei due giganti del subcontinente, che sono anche titani calcistici - il Brasile e l'Argentina - si confonde con la storia stessa del "futbol" e dei Mondiali, che non a caso sono nati a Montevideo, nel 1930. Il mitico Estadio Centenario di Montevideo fu costruito, come indica il suo nome, per celebrare i primi 100 anni della Costituzione uruguaiana, e diventò subito il primo palcoscenico mondiale della "celeste", con la vittoria sull'Argentina per 4 a 2 nella finale del primo Mondiale, che nella mitologia locale è solo superata dal ricordo della finale del 1950, nel non meno leggendario Maracanà, in cui l'Uruguay sconfisse il suo secondo rivale tradizionale, il Brasile, per 2 a 1.
Il "maracanazo" segnò l'apogeo del calcio uruguaiano e diventò il simbolo di quella che era nota allora come la "Svizzera d'America Latina": un paese piccolo, democratico e pacifico che sapeva però dimostrare il suo orgoglio indomito e la sua fierezza -la "garra charrùa", grinta ereditata dagli indios che popolavano queste terre prima degli spagnoli- non con le armi, bensì con 11 giocatori correndo dietro a un pallone. E se la traiettoria della "celeste" ha poi segnato una chiara curva discendente -sopratutto a partire dal 1970, e malgrado il trionfo nel "mundialito" del 1981-82- la nazionale uruguaiana detiene ancora il record assoluto di 15 Coppe America e dal 2010 tenta di recuperare lo status di potenza calcistica internazionale, dopo aver raggiunto in Sudafrica un quarto posto che non occupava da 40 anni, Il calcio fa parte dell'identità nazionale uruguaiana da quando fu importato dagli operai delle ferrovie britanniche alla fine del secolo XIX, e ancor oggi occupa un posto importantissimo nella vita del paese.
Il campionato locale conta con 16 squadre in serie A, delle quali ben 14 sono di Montevideo, una città con una popolazione comparabile a quella di Milano, compresi i giganti di Penarol e Nacional, protagonisti del derby calcistico più antico che esista al di fuori delle isole britanniche. In Uruguay si gioca a calcio dappertutto, e si gioca bene: secondo statistiche del 2011, durante i 10 anni precedenti l'Uruguay aveva esportato 1414 giocatori all'estero, dei quali ben 112 sono finiti in Italia. L'anno record è stato il 2007, quando Luis Suarez sbarcò all'Ajax, Edinson Cavani al Napoli e Martin Caceres al Siviglia. Leggere la lista dei 23 giocatori della "celeste" versione 2014 è come sfogliare un catalogo del calcio mondiale, dal Galatasaray del portiere Muslera al Liverpool di Suarez e Coates, passando per l'Atletico Madrid di Godin, Rodriguez e Jimenez e Parma (Gargano), Bologna (Perez), Lazio (Gonzalez) e Juventus (Caceres)