Una qualificazione ai Mondiali strappata agli spareggi contro il Burkina Faso, precedenti per nulla esaltanti (tre partecipazioni e mai arrivati agli ottavi) eppure l'Algeria è in festa. Le Volpi del deserto, i Fennecs, volano in Brasile. In un girone dove non sono certo i favoriti ma dove l'impresa è possibile. Soprattutto se a guidarle c'è una volpe vera, il bosniaco Vahid Halilhodzic.
In realtà gli algerini hanno più che festeggiato questa qualificazione, lo stadio Mustapha Tchaker di Blida, a 50 chilometri da Algeri, è diventato una bolgia, tanto da far piangere di commozione anche uno che ne ha viste di tutti i colori come il sessantaduenne Halilhodzic, bosniaco da ct ma jugoslavo quando era giocatore: "proprio un anno esatto prima di quella partita - racconta il tecnico - ho avuto il dolore di perdere mio fratello, una persona che ha contato tantissimo nella mia carriera, colui che mi ha spinto a diventare calciatore. Un anno dopo, al fischio finale, ho rivissuto il mio dramma interiore. Nessuno sapeva niente, e io sono esploso".
Una soddisfazione anche per Vahid sedersi per la prima volta in panchina dopo che a Sudafrica 2010 si era qualificato con la Costa d'Avorio, ricevendo in cambio un esonero a pochi mesi dal mondiale per l'eliminazione ai quarti in coppa d'Africa, ad opera dell'Algeria. Stavolta Vahid non si è fatto cacciare via al momento sbagliato e sarà al suo posto.
Potrà contare sull'ondata dei promettenti giovani sbarcati in maglia verde, da Feghouli a Brahimi all'interista Taider, ma punta molto anche sul rilancio di Ghoulam, reduce da un'ottima stagione a Napoli. "Allenare l'Algeria - racconta il tecnico bosniaco - non è un regalo. Ci sono pressioni esterne fortissime, quella del pubblico innanzitutto. Ma a livello di passione, è la cosa più intensa che abbia mai provato".