Il giorno della leggenda, per la nazionale di calcio dell'Honduras, resta l'1-1 contro la Spagna ai mondiali del 1982, prima di tre partecipazioni senza mai la gioia di una vittoria. Al terzo tentativo, finiti in un girone che sembra appannaggio di Francia e Svizzera, gli honduregni non sembrano destinati ad andare molto al di là del gettone di presenza.
La qualificazione è stata comunque voluta e, in qualche modo, una sorpresa, visto che nel 2010 - quando il ct Reinaldo Rueda che aveva portato gli honduregni in Sudafrica lasciò la panchina - in pochi credevano che il nuovo Luis Ferdinando Suarez sarebbe riuscito ad arrivare in Brasile. Invece, il coraggioso tecnico ha mandato molti della vecchia guardia in pensione ed ha avviato un ciclo nuovo.
I risultati si sono visti subito alle Olimpiadi di Londra, dove Honduras è arrivata ai quarti battendo fra l'altro i quotatissimi spagnoli. Poi l'ottimo percorso di qualificazione, lasciando pochissimi punti in casa e andandosi a prendere quelli mancanti in una partita eccezionale, 1-2 all'Azteca contro il Messico, paese vicino che in confronto a Honduras è un gigante di proporzioni incomparabili.
I gol che hanno firmato la qualificazione in quella partita sono stati segnati da Bengtson e - fatto altamente simbolico - da Carlos Costly, una specie di gigante, figlio di Allan, che comandava la difesa ai mondiali spagnoli nel 1982. I "Catrachos", questo il nome dato ai nativi dell'Honduras, sperano nella loro gioia di esserci e di giocare. In formazione non ci sono fenomeni, il più in vista si chiama Emiliano Izaguirre e fa il difensore in Scozia al Celtic Glasgow, il portiere e capitano è Noel Valladares, uomo affidabile. A centrocampo domina la personalità di Wilson Palacios (Stoke City), una carriera in Inghilterra, qualche anno fa nel mirino del Napoli. Costly e Bengston sono la coppia d'attacco, affidabili e combattivi.