Antonio Valencia si è fatto tatuare sul braccio sinistro tre stelle, "Chucho" e il numero 11 del suo miglior amico e compagno di nazionale, e le mostra ogni volta che segna. Lo farà soprattutto se riuscirà a fare gol al mondiale che doveva essere la festa dei due amici e uniche star dell'Ecuador, ma Christian "Chucho" Benitez non c'è più dopo la morte misteriosa avvenuta in Qatar alla vigilia dell'esordio con l'Al Jaish un anno fa, e Valencia, ala destra del Manchester United, è rimasto da solo. A 28 anni, fra i rimpianto di ciò che poteva essere, e una carriera ancora lunga davanti, il velocissimo "Tonio Maravilla" vuole riprendersi il tempo perduto.
Nel 2006, era già in nazionale quando l'Ecuador si superò e toccò gli ottavi di finale in Germania, poi nel 2010 non solo gli ecuadoregni non si qualificarono per il Sudafrica, ma Valencia finì la stagione con la caviglia a pezzi dopo un tackle assassino di Kirk Broadfoot dei Glasgow Rangers, in Champions League. Operazione, placca di metallo e un periodo nero da dimenticare. Il Manchester l'ha aspettato: "ormai lì è casa mia - spiega Valencia - vorrei restare fino alla fine della carriera, poi tornerei in Ecuador".
Al Manchester è arrivato nel 2009, dopo essere sbarcato in Europa a 20 anni, in Spagna, ed essere stato ceduto in Inghilterra al Wigan. Adesso è inamovibile ed è diventato un punto di forza della squadra, dopo aver ereditato addirittura la maglia numero 7 di David Owen. Le sue qualità migliori sono lo scatto lungo la fascia, spesso dopo un dribbling secco, e il cross verso il centro dell'area dove, nel Manchester, il principale beneficiario è Wayne Rooney.