Chiudere in bellezza a 34 anni, con la partecipazione al terzo Mondiale in bacheca e soprattutto far dimenticare il pessimo liscio con la maglia del Liverpool contro il Chelsea, che ha segnato la stagione di Steven Gerrard, capitano coraggioso. Una carriera inappuntabile, un curriculum stellare, Gerrard è il cuore pulsante di Anfield e l'anima della nazionale inglese da 10 anni. Che indossi la maglia rossa o quella bianca, Gerrard è il faro del gioco, il punto di riferimento e - negli spogliatoi - l'esempio da seguire per tutti, correttezza e coraggio.
Per questo, per il suo sguardo da invincibile e la sua cavalleria, lo scivolone da ultimo uomo contro i giocatori di Mourinho, con l'ennesimo titolo di Premier che i Reds si sono visti sfuggire, ha colpito gli sportivi di tutto il mondo. Come le sue parole: "sono devastato, è terribile" ha detto nel dopopartita, con la testa ancora fra le mani. Di lui, però, nessuno dubita, tutti sono convinti che capitan Stevie saprà rialzarsi. Questo è anche il senso del suo ultimo mondiale, dimostrare che cuore e polso fermo non gli faranno mai difetto.
Calciatore totale, atleta completo, Gerrard ha vinto tutto con il Liverpool tranne la Premier League, mentre in Nazionale il bilancio è in rosso come per tutti i suoi colleghi inglesi delle ultime generazioni. Gerard Houllier, l'allenatore francese che lo lanciò definitivamente e che più ha creduto in lui giovanissimo, racconta un episodio negli spogliatoi di Istanbul, dopo la leggendaria vittoria in finale di Champions contro il Milan nel 2005 (3 gol rimontati, poi sorpasso ai rigori), Gerrard proclamato migliore in campo dell'Uefa: "negli spogliatoi - racconta Houllier - gli chiesi se fosse il giorno più bello della sua vita. Mi rispose: no, il più bello fu quando lei, mister, mi nominò capitano".